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Del puerile bisogno di consenso sociale della ex di mio marito

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Lui e lei non andavano d’accordo. Si sono lasciati. Poi l’ho incontrato io e mi sono beccata un sacco di insulti. Dalla famiglia di lei che non era stata sufficientemente informata di quello che era successo. Dalla ex perché a prescindere dal fatto che lei volesse stare con lui o meno doveva darmi della troia, zoccola, e pure chiattona.

Non so se lui mi abbia scelto per il mio carattere o il mio aspetto, ma il fatto che una donna provi a rivalersi su quella che vede come rivale insultandola sul piano estetico, raccontando che lei è più bella di me, più magra, più tante cose, mi dimostra solo quanto questa povera donna debba sentirsi insicura. Che motivo avrebbe di sminuirmi agli occhi del mondo, a divorzio avvenuto per di più, se lei davvero è convinta che io sia peggio di lei?

Ma quel che ha detto e scritto va anche oltre, perché il fatto che io fossi più brutta e più rotonda per lei costituiva l’alibi per dire che lui era uno scarto d’uomo e che stava con me perché una come me si becca solo gli scarti di quelle come lei. Non ditemi qual è il senso oggettivo di questa cosa perché io raramente ho tentato di trovare una spiegazione alla mediocrità. Ma quello che so è che la sua costante voglia di disprezzarmi era un grande dispetto.

Chissà cosa pensava. Forse che lui le restasse legato per sempre. O che lui non potesse tornare a esistere, perché quando lei lo lasciò lui ebbe l’impressione che lasciarlo facesse parte di un piano. Lo voleva pressoché morto, fuori dalla sua rete sociale, fuori dalle conoscenze comuni, guardato male perfino nel luogo di lavoro e, ovviamente, descritto come un orco al figlio.

Uccidere socialmente qualcuno, per sperare che non viva più, che in qualche modo tu riesca a consumargli il nome, le prospettive, le speranze, è qualcosa che va molto oltre la necessità di mettere un punto a una storia, in maniera adulta, per poi ricominciare.

Poi, per l’appunto, c’ero io. La chiattona. Vi giuro che non mi ero posta il problema fintanto che non me lo disse lei. Perché il mio compagno non aveva mai fatto valutazioni sul mio corpo. Sentivo di piacergli, mi guardava con desiderio, dormiva e respirava bene assieme a me. Rideva, discutevamo, perché forse posso essere anche una chiattona ma sono piena di risorse, credo di essere dotata di una intelligenza e una sensibilità non comuni e anche se fossi comunque una persona come tante lei non avrebbe il diritto di martoriare il suo ex distruggendogli anche quel che lui tenta di costruirsi per uscire dal proprio lutto.

E’ crudele il fatto che lei non sappia elaborare il suo, di lutto, perché immagino che una rottura non sia una cosa semplice da vivere e soffre chi è lasciato e anche chi lascia. O forse lei avrebbe preteso che lui le corresse dietro, per poi dirgli di smettere di fare lo stalker. Le contraddizioni umane non hanno davvero alcun limite. Dunque quel che la tizia poteva fare era prendersela con me e a maggior ragione pretendeva che io mi togliessi di torno quando il figlio stava col padre.

Non che io avessi voglia di intromettermi, perché so bene quanto sia complicato per un figlio vivere una situazione così. Lo so perché ci sono passata. Mi sono comportata credo bene, per il bambino e non per lei. Poi il legame tra me e il mio compagno si è fatto più stretto e abbiamo deciso di dire, gradualmente, al bambino, che io in qualche modo sarei stata parte della sua vita. Non una madre, ma una risorsa, un punto di riferimento. Detta a sua madre non mi pare sia una cosa sulla quale sputare su, non credete? Anzi. Avrebbe dovuto apprezzare, perché se io tengo suo figlio lei ha più tempo per sè, e dire che io sono anche gratis. Invece no.

Ho capito che temeva di essere sostituita, ma ho tentato di rassicurarla. Le ho detto che comunque lei avrebbe conservato sempre il suo ruolo. Quando il bambino era da noi gli ho sempre detto che per ogni decisione importante avrebbe dovuto chiamare la mamma per sapere cosa fare. L’ho sempre messa al primo posto e mai mi sono sognata di estrometterla dalla vita di suo figlio.

Allora perché lei ha deciso di stringere il cappio che era già alla gola del mio compagno? Perché gli ha detto che non va bene così? Perché mi ha fatto sapere che suo figlio merita di meglio? Cosa vuol dire? Di cosa sta parlando? Cosa succede a questa donna, bella, snella, brava e buona, ma comunque sempre molto sola, al punto da indurla a consegnarci tutta la sua frustrazione? Cosa c’è che non va? Per cosa è gelosa?

E allora un giorno mi chiamò e dopo un po’ di insulti me lo disse. Lasciarlo per lei era una sorta di strategia per riaverlo indietro aggiustato. Le ho detto quello che pensavo, mi sembrava una maniera un po’ contorta di gestire un rapporto. Lo lascio perché voglio che ritorni strisciando e con un atteggiamento diverso? Dubbiosa continuai ad ascoltarla. Perciò la causa di tutti i mali per lei ero io che avevo interrotto i suoi piani. Io alla fine che l’ho sposato.

Sono convinta che questa donna non sia matta. Penso solo che agisce d’istinto, irrazionalmente e soprattutto non gliene frega niente di quel che sente chi sta attorno a lei. Quando ho conosciuto il suo ex lui era devastato, molto provato, per strappargli un sorriso c’è voluto un po’. Non avevo intenzione di salvarlo o di guarirlo, perché non sono quel tipo di donna, ma gli sono stata amica, l’ho ascoltato, l’ho anche cazziato quando pensavo non si fosse messo sufficientemente in discussione, perché sono perfettamente consapevole del fatto che quando una storia finisce la causa sta nel comportamento di entrambi. Perciò non gli ho offerto una spalla per piangere o parole di consolazione acritiche e assolutorie.

Credo che tra loro ci fosse un rapporto adolescenziale, fatto di dispetti, ripicche, botte e risposte idiote, con lei che ogni tanto fingeva di stare male per attirare la sua attenzione e lui che non riusciva a trovare un senso alle sue giornate e vagava nel nulla. Morbosi, entrambi, e se lo schema di ciascuno dei due è quello io non ho permesso che lui lo attuasse di riflesso anche nella nostra storia.

Non do la colpa a nessuno e non demonizzo quella donna, ma credo abbia bisogno di aiuto perché ha un disperato bisogno di consenso sociale. Ha bisogno di sapere di aver fatto bene e più passa il tempo e più rincara la dose. Ora siamo al punto che lei, per costruirsi un ruolo più degno di maggiore popolarità, dopo anni di separazione e divorzio, dice in giro che lui era un violento e che il figlio non dovrebbe vederlo. Ancora dispetti, sulla pelle del bambino. Ancora il solito modo per attirare l’attenzione, per non rompere quel filo, oramai, per lui, ingombrante, che li tiene uniti. Nessuna maturità, quiete, ripensamento. Lei insiste.

Finiranno certamente in tribunale, temo, e se qualcuno dovesse vedere quel che accade sappiate che io sarò la brutta cosa, chiattona, seduta a destra che cerca di dare un senso a tutto ciò. Come si dice, ho voluto la bicicletta e ora devo pedalare. Come tante donne fanno. Come sarebbe bello se io e lei potessimo, invece, pedalare insieme. Non pensate anche voi?

Ps: è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone, è puramente casuale.

4 pensieri su “Del puerile bisogno di consenso sociale della ex di mio marito”

    1. certo. è un punto di vista parziale perché chi racconta ha un punto di vista preciso. quando una ex moglie racconterà la sua verità parziale pubblicherò anche quella 🙂

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