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Intervista a Sonia, sex worker in Germania

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Sonia ha 33 anni e vive in Germania. Da sei anni fa la prostituta e ci racconta – via skype – cosa ne pensa della corrente abolizionista che sta pressando l’Europa affinché criminalizzi i clienti e marginalizzi le prostitute.

Sonia, innanzitutto come e perché hai iniziato. Lo hai fatto per scelta o sei stata costretta?

– Sono arrivata qui dopo aver tentato di sfruttare il mio titolo di studio. Ero disoccupata, precaria, come tante. Poi mi sono trasferita e ho deciso di lavorare per mantenermi. Ho fatto diversi lavori ma non arrivavo a fine mese. Ho cominciato a prostituirmi per scelta. Per me è un lavoro come un altro e guadagno più soldi. Avevo conosciuto una donna che lo faceva e mi ha dato dei suggerimenti. Non sono mai stata costretta a fare niente.

Ti spiace parlare dei tuoi clienti? Sono violenti? Come ti senti quando vendi servizi sessuali?

– Violenti? (ride) Dove lavoro io i violenti sono cacciati a calci in culo. Il bello di lavorare senza nascondersi è proprio quello. Puoi lavorare in uno spazio che ti offre più garanzie e puoi contare sulla solidarietà delle altre. Come mi sento? Bene. E’ il mio lavoro. Spesso mi diverto. Qualche volta mi annoio e solo alcune volte mi sentivo infastidita e poi con quei clienti non ho lavorato più.

Nel tuo ambiente lavorano anche uomini? Trans?

– Si, certo. C’è meno richiesta di uomini ma le trans lavorano bene.

Conti di fare questo lavoro per sempre?

– Sempre? (ride) Niente è per sempre. Posso smettere di lavorare domani o tra vent’anni. Dipende. Tu sai se farai per sempre quello che stai facendo adesso?

In effetti no.

– Ecco. Appunto.

Okay, lasciamo perdere queste domande idiote, perché volevo chiederti di traumi e cose del genere ma mi pare che tu abbia altro da dire.

– Per carità. Se vuoi che reciti la parte della martire almeno mi devi pagare. (ride)

Perché sei andata in Germania a prostituirti?

– Perché in Italia non è possibile. Fino a quando non regolarizzeranno la professione tante italiane si sposteranno in Svizzera, in Germania, in Olanda. In Italia è difficilissimo. Riescono a vivere bene le escort, quelle che lavorano in appartamento, ma la legge è fatta apposta per lasciarti marcire in strada sfruttata da un pappone.

Pensi che la regolarizzazione potrebbe migliorare la vita delle tue colleghe?

– Certo. Pensa alle straniere che con un contratto potranno avere un permesso di soggiorno. Se cancellano il reato di favoreggiamento non dovrai più affittare di nascosto con il proprietario che ti chiede un affitto costosissimo. Paghi le tasse. Puoi fare tutto alla luce del sole. Non sei costretta a farti “proteggere” dal pappone perché se lavori in ambienti protetti e con le colleghe i clienti violenti non potranno farti male.

Come vedi il vento abolizionista che dal nord Europa sta influenzando anche l’Italia?

– L’Italia prima aveva i bordelli di Stato (pessimi) e poi è sempre stata abolizionista. La legge Merlin è abolizionista. Nel nord Europa ci sono le SWERFs (femministe radicali sex worker escludenti) che stanno facendo la guerra. Siamo tornate in piena epoca puritana. La Svezia, che è un paese razzista e con radici parecchio naziste, sta condizionando la politica di altre nazioni all’insegna di una moralità misogina, patriarcale e sessuofoba. In Olanda stanno parlando di chiudere le vetrine. In Germania stanno discutendo una legge che vuole schedarci tutte e passarci in rassegna con la lente di ingrandimento per vedere se siamo infette. Non sono le nostre condizioni contrattuali che interessano. Importa invece che la società sia protetta da noi puttane.

In Italia dicono che non serve regolarizzare perché in Germania il modello che le sex workers chiedono è fallito. E’ vero?

Sono cazzate. In Germania dove c’è la regolarizzazione e si sono adeguati locali e prostitute funziona bene. Il fatto è che gran parte della Germania non ha applicato la legge perché vige un puritanesimo che l’ha boicottata. La filosofia di certe amministrazioni è quella di chi dorme meglio sapendo che le puttane restano in strada, in mano ai papponi, così da poter raccontare la storia delle vittime di sfruttamento che servono a fare statistica per le organizzazioni di lotta contro la tratta.

Stai dicendo che la tratta, lo sfruttamento, non esistono?

– Assolutamente no. Sto dicendo che in qualche locale esisteranno di sicuro condizioni di sfruttamento. In Italia tutte le imprese sono in regola? Non c’è nessuno che assume in nero o che non paga i contributi? E qui è lo stesso. Alcuni non pagano le tasse e non seguono le regole. Poi ci sono le donne che stanno in strada, e proprio perché in Germania la regolarizzazione è stata boicottata in molti posti restano in mano ai papponi.

Come pensi che si risolve allora il problema dello sfruttamento?

– Regolarizzando. Facendo venire le donne allo scoperto, fuori dalla clandestinità. A maggior ragione se sono straniere e sono minacciate da leggi che le respingono nei paesi di provenienza se non hanno un lavoro.

Sai che le abolizioniste confondono di proposito la tratta con il sex working per scelta? Cosa pensi in proposito?

– Penso malissimo. Quello che alcune riescono a scrivere su twitter o su facebook è vomitevole. Sono piene di livore, fanatiche e non ci permettono di parlare di noi che facciamo quel mestiere. Sono pochissime le femministe come te che ci lasciano esprimere. La tratta è un problema che noi vogliamo affrontare. Questo non c’entra con chi, come me, fa questo lavoro per scelta. Chi dice che sono la stessa cosa dice bugie.

A quale scopo, secondo te?

– Non si capisce? Perché a loro non interessa del fatto che io voglio prostituirmi e che non sono sfruttata da nessuno. La prostituzione è violenza, dicono, e tutti i clienti sono stupratori. Sono talmente impegnate a salvarci che hanno dimenticato di chiederci che cosa ne pensiamo e che strumenti vogliamo usare per salvare noi stesse.

Cosa vorresti dire a queste donne?

– Intanto vorrei dire che mi dispiace che ignorino quello che penso. Mi dispiace che giochino a metterci l’una contro l’altra, la prostituta che lavora per scelta e quella sfruttata, come se io negassi che lei stia soffrendo. E’ un gioco crudele, violento, perché io sento la prostituta vittima di sfruttamento come se fosse mia sorella. Vorrei parlare con lei e non con chi specula su di lei e la usa per imporre un’opinione che con noi non c’entra niente.

Hai mai conosciuto una prostituta sfruttata?

– Certo. Pensi che se ne vedo una mi giro dall’altra parte? Ne ho ospitate a casa mia, soprattutto straniere, perseguitate dalle forze dell’ordine per le leggi sull’immigrazione. Altro che proteggerle. Volevano rimandarle indietro come pacchi in pelle umana con una data di scadenza. Ne ho conosciute, le capisco e molte mi hanno detto che a loro servirebbe un contratto per poter restare e sganciarsi dai protettori. Se la Germania, la Svezia o altri posti non vogliono regolarizzare, davvero pensi che si preoccupano di salvare le donne? Io vedo che chi si preoccupa di più sono i razzisti. Sai quante donne straniere otterrebbero il permesso di poter cambiare Paese se la prostituzione non fosse criminalizzata? Infatti i razzisti sono quelli che spingono in parte per l’abolizionismo e in parte per la schedatura nazista delle prostitute. Chi non appartiene alla razza che a loro piace non farà comunque una bella fine.

In effetti anche in Italia le cosiddette vittime di tratta finiscono talvolta dentro i Cie… Sonia, che altro mi vuoi dire? Qualcosa che ti viene in mente e vuoi fare sapere al piccolo mondo che legge questo blog?

– Un abbraccio alle sorelle, colleghe, che lavorano con grande difficoltà in Italia. Lottate anche per me e se riuscite a ottenere qualcosa, chissà, può essere che io arrivi in Italia, presto.

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—>>>a margine dell’intervista vi segnalo l’iniziativa dei/delle sex workers a Roma, il 30 Aprile. QUI tutti i dettagli. Siate numeros*.

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2 pensieri su “Intervista a Sonia, sex worker in Germania”

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