Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze, Violenza

Cara Lea Melandri, la responsabilità degli orrori del mondo è di tutt*

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Mi spiace che alla fine Lea Melandri abbia ceduto a una lettura che non va oltre l’attribuzione di meriti o demeriti ad una dualità di esseri umani. Gli uomini violenti, le donne vittime. Senza vie di mezzo e concludendo che comunque la pensiate è andata così. Sempre così. Dal carattere maschile deriverebbero tutti i mali del mondo e a nulla vale ricordare che se le donne avessero occupato eguali posizioni, potere, avrebbero commesso eguali quantità di crimini.

L’esigenza è quella di individuare un colpevole e infliggergli una lavata di testa che strapazza chiunque sia presente nella sede della purificazione e del pentimento maschile. Cattivi, tutti quanti. Violenti, perfidi, assassini, sporchi, immorali. Il mondo è nella merda per colpa vostra e le donne, se presenti, sono sicuramente state solo complici. Complici, dunque assolvibili, vittime, migliori, ed è a loro che va assegnato il compito di guidare gli uomini verso la luce.

Bisogna che capiate quanto è grave la vostra condizione, e c’è perfino chi parla di “reminiscenza“, ragion per cui il male resiste in voi perfino per mezzo del ricordo. Dovete riconoscere il male fatto, dovete interrogarvi sulla matrice “virile” della violenza, perché da lì partirebbe la salvezza del genere umano.

Per quanto io stimi moltissimo Lea Melandri questa lettura mi sembra semplicistica e datata. Il mondo diviso in due generi non esiste più. Esiste un mondo fatto di persone che appartengono a generi diversi, dove il maschile e il femminile non sono più ben individuabili, perché non se ne può più di considerare gli esseri umani in base a quello che hanno in mezzo alle gambe. L’analisi di Lea porta soltanto a una conclusione, che non va bene, perché non è risolutiva. Se il male sta agli uomini così come il bene sta alle donne, allora basterebbe rinchiuderli in centri di rieducazione o sterminarli, tutti quanti, e ricominciare con generazioni nuove. Una bella società matriarcale con le donne alla guida di tutto perché abbiamo stabilito che le donne sono migliori e faranno certamente meglio.

Non in ragione della sensibilità innata data dall’istinto materno, perché Lea non dice questo, ma non spiega però in virtù di cosa dovremmo riconoscere in noi diverse e superiori qualità. La tesi esposta per quel che mi riguarda è simile a quella che potrebbe esporre chiunque vorrà difendere la politica di Israele nei confronti della Palestina perché in passato gli ebrei sono stati tutti vittime. Per capire invito a leggere la Critica della Vittima di Daniele Giglioli.

Dopodiché si chiede, Lea, perché gli uomini non partecipino numerosi agli incontri sulla violenza sulle donne. E perché mai dovrebbero partecipare se il loro ruolo è solo quello di contriti ascoltatori che dovranno solo ammettere colpe che neppure hanno? Com’è possibile non capire che le colpe di alcuni uomini, in un contesto culturale e sociale differente, non possono ricadere sugli uomini del presente? Come è possibile che non si riconoscano le responsabilità delle donne che per generazioni hanno allevato uomini e donne tenendo fede ad una cultura la cui origine viene attribuita solo ai padri?

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A cos’altro porta questa teoria? A immaginare che le donne, tutte, in quanto vittime, dovrebbero restare unite, senza tenere conto della differenza di classe, razza, identità politica. Peccato che nelle lotte sociali e anche in quelle che sono realizzate per rivendicare i miei diritti io mi ritrovi al fianco uomini, donne, gay, lesbiche, trans, sex worker, migranti, precari, persone che senti vicine non in virtù del fatto che apparteniamo allo stesso genere ma perché io e loro abbiamo tante più cose da dirci di quelle che potrei dire ad una donna che pensa agli uomini come ad una massa di carnefici per nascita.

Che dire poi del fatto che queste idee agevolano anche i pensieri di chi svela una discreta transfobia quando pensa che essendo le trans non “vere donne”, sono infiltrate nel movimento femminista per introdurre il germe malato del maschio travestito. Travestitismi, li ha chiamati qualcuna, e altre hanno dedicato a loro epiteti perfino più offensivi. Come stabiliamo il limite secondo il quale l’uomo non sarebbe più così colpevole? Quando si avvicina più all’essere donna, come si avvicinerebbe a Dio? Un gay è cattivo e violento in sè oppure no? Una trans cos’è? E una donna che diventa un uomo dovrà portare sulla testa il peso della colpa oppure gli verrà concesso un lasciapassare perché non è “completamente” uomo?

Immaginare una società fondata su questo criterio di individuazione delle colpe, senza contare il fatto che i poteri, economici, di tiranni e dittatori, hanno costretto tanti uomini a fare guerre che non volevano fare, per difendere la patria, la famiglia, moglie e figli, perché questo era il modo di guadagnare prestigio in certe epoche, significa supportare la tesi secondo la quale le quote rosa sono indispensabili perché più donne al potere miglioreranno le cose. E io so che Lea Melandri ha criticato non solo lo schema vittimista che sta dietro quella soluzione, ma che, ne sono certa, non avrebbe alcun dubbio nel ritenere le donne corresponsabili di gravi danni inflitti al mondo.

Non è più questa l’epoca in cui si possono ridurre le discussioni a un livello ormai superato. Le donne vanno ora in guerra, uccidono e torturano. Sono carceriere perfide, che umiliano i reclusi, sono quelle che realizzano la banalità del male quando contano i migranti che vengono rinchiusi dentro i Cie. Sono quelle che impediscono ad altre donne di ottenere contraccettivi e aborto quando servono. Sono normative, autoritarie, violente, nel momento in cui esigono di decidere per me e molte altre e di parlare in mio nome perché donne.

Uccidono o esprimono pensieri violenti, si dedicano a bullismo e a infanticidi senza che la società le veda in quanto responsabili di quel che fanno. Perché si trova sempre una scusa. Sono fragili, depresse, cronicamente malate, patologizzabili, o, al massimo, avrebbero introiettato la violenza che si ritiene sia maschile. Hanno reagito, stanno percorrendo la strada della parità rendendo pan per focaccia, dunque sono sempre assolvibili. Tutte quante.

Vedi Lea, fino a qualche anno fa io avrei forse scritto le stesse cose che hai scritto tu ma poi ho capito che è un ragionamento chiuso, non è condivisibile, perché destina agli uomini un ruolo che non c’entra nulla con l’acquisizione della responsabilità collettiva, e infantilizza le donne lasciando che una società paternalista, ovvero quella che produce patriarcato “buono”, ci giudichi soggetti deboli, vittime, al punto da immaginare che sia giusto decidere al posto nostro e salvarci anche quando non vogliamo essere salvate. In quanto agli uomini, noi non stiamo chiedendo loro di assumersi una responsabilità che riguarda tutti e tutte. Stiamo chiedendo che restino inginocchiati a confessare una colpa. Stiamo chiedendo che si purifichino l’anima in nostra presenza, che confessino di aver commesso crimini che non hanno mai commesso.

Ed è curioso, poi, cara Lea, se ci fai caso, che a chiedere queste cose sono donne che abitano luoghi di potere, ministre, deputate, rappresentanti istituzionali di ogni tipo, e quando si rivolgono a questi uomini, precari, in lotta per la sopravvivenza, ritengono perfino di poterli giudicare colpevoli di una prevaricazione ai loro danni. Una rappresentante istituzionale si può dire vittima di un povero migrante? Di un precario? E siamo certe che non dobbiamo considerare le donne bianche, borghesi, al pari di privilegiate che prima di parlare in nome delle altre e contro gli uomini devono innanzitutto riconoscere il livello di oppressione che ci infliggono?

Di quanti orrori sono responsabili le donne che hanno fruito del bottino di quelle guerre? Quante atrocità hanno compiuto per evitare che altre donne acquisissero maggiore potere e più diritti? Non sono forse quelle che devono scusarsi per essersi servite di molte schiave? Non sono ancora oggi quelle che delegano i ruoli di cura alle immigrate? Hanno mai smesso, le ricche, di provare a usare la propria posizione di privilegio per egemonizzare e zittire le altre donne? Per mutilarle, per farle tacere? Hanno mai smesso di essere al servizio del capitale svendendo le nostre lotte al miglior offerente per tenere buone le precarie e distrarci dal conflitto di classe?

Dove stanno scritte le confessioni di quelle donne ben vestite che mentre ci derubano di diritti e reddito tentano di commuoverci dicendo che anche loro sono vittime tanto quanto noi? Vittime di cosa? Di chi? Se quelle donne non hanno interrotto il sistema nepotista e capitalista che permette loro di avere voce in capitolo nei luoghi di potere, di che sorellanza stiamo parlando?

Allora se Lea parla di “Virilismo guerriero” come della degenerazione del carattere dell’uomo, io parlerei del “Vittimismo razzista e classista” di quelle che insistono indicandoci un nemico dove c’è un fratello, un compagno di lotta, per separarci e condurci verso altre innocue mete.

Così la penso. Ditemi, com’è secondo voi?

 

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2 pensieri su “Cara Lea Melandri, la responsabilità degli orrori del mondo è di tutt*”

  1. Parla proprio di “cultura maschile”, unire la cultura (tratto appunto culturale e scelto) alla parola maschile (tratto biologico di nascita) è assurdo.
    Oltretutto parlando di cultura maschile inizia con un preambolo in cui ne tesse le lodi, ma è come dire che la civiltà stessa che ha portato Lea Melandri ad aver modo di scrivere ed emanciparsi dalla vita che conducono gli scimpanzé, sia responsabilità solo maschile.

    E’ veramente assurdo, secondo tale logica gli esseri umani femmina sono da sempre una specie di mandria pascolante spettatrice del mondo, oppure esistono due specie diverse biologicamente determinate portatrici intrinsecamente ciascuna di una cultura differente con dei pro e dei contro, e questo ricorda molto la visione tradizionale sposata dalle religioni del libro che finisce con la solita tiritera della comunità umana fondabile solo sulla complementarietà tra i maschi e le femmine.

  2. Concordo con le tue osservazioni, ma credo che il problema di questo articolo della Melandri non sono tanto le traiettorie incontrollate che può prendere una narrazione (perchè di liturgia si tratta) quando venendo presa come realtà storica parte rimbalzando come una ruota impazzita. Se è per questo quando si parte con la cosa della “cultura maschile” che “da secoli non ha seminato solo morte, ma dato vita anche a opere sublimi di civiltà” si può finire anche come Ida Magli http://www.ilgiornale.it/news/politica/troppe-donne-male-oscuro-scuola-1099547.html
    E’ come sparare sulla croce rossa trovare aporie, argomenti circolari, tesi ad hoc su una narrazione. Riti e narrazioni vanno valutati per lo stile il ritmo, la capacità evocativa non per la coerenza logica e l’aderenza alla realtà. Insomma in ogni storia caduta/passione/rinascita che si rispetti c’è un cattivo da sconfiggere e se c’è stato un momento in cui fu necessario per un gruppo di persone che riteneva di condividere una condizione di subalternità, di negazione della una propria capacità di scegliere per sè, di essere soggetto e non oggetto di qualcos’altro ben ci stava pure quella narrazione.
    Ma la cosa deprimente non è nemmeno questo ricadere e rinchiudersi in una narrazione che può essere pure una debolezza nostalgica che può passare.
    Come ha ben sottolineato Eretica questa narrazione si presta oggi ad essere strumento di violenza autoriataria. Perchè altro non può essere un discorso del tipo:
    “Sta di fatto che non è andata così e, che piaccia o meno, le guerre, le devastazioni, gli stupri privati e pubblici, gli stermini di interi popoli li ha fatti il sesso maschile. Dagli uomini che non si riconoscono in questa brutalità DEI LORO SIMILI ci si aspetterebbe quanto meno che si ponessero il problema,ognuno a partire dalla propria esperienza (!?!?), e che cominciassero a riflettere sulla cultura che loro –nostro– malgrado abbiamo ereditato.”

    Stai parlando DI ME non di una persona astratta. Come ti permetti pianificare il mio “partire da me” il mio privato /politico chiudendolo preventivamente nella tua narrazione? Consegnandomi il tracciato del mio riflettere su di me?

    “Ma già il fatto che sorga così immediata un’obiezione che non trova fondamento in realtà lontane dal poter essere confrontate, è la prova che la DENEGAZIONE è ancora il sentimento più diffuso al riguardo. Come spiegare altrimenti che in tanti incontri, convegni, dibattiti sulla violenza contro le donne, così come quando si parla di un’educazione a un rapporto diverso tra i sessi, gli uomini sono pressoché assenti, quasi fosse solo una “questione femminile”?”

    Siamo dalle parti di “Se neghi la mia accusa dimostri tua colpevolezza e assieme a quella la tua pertinacia nella colpa.” Ma chi cazzo sei?
    E la cosa grave è che possono essere pure le istituzioni……
    http://27esimaora.corriere.it/articolo/i-16enni-in-piazza-contro-la-violenza-cambieremo-le-cose-ma-non-e-facile/
    Se non ho capito male il discorso di Eretica (ovvero se non sto proiettando sul suo post i miei pensieri distorcendolo in un momento, lo ammetto di…fastidio), è questa la cosa più sconfortante dell’articolo della Melandri e condivido in pieno le osservazioni di Eretica.
    Paradossalmente, la narrazione che ti ha aiutat* a poterti pensare fuori dalla scacchiera che ti voleva pedina può diventare lo strumento più potente per ricacciarti sulla stessa schacchiera: volevi cambiare gioco e invece di rovesciare la scacchiera, l’hai semplicemente girata, ti sei mess* a capo dei neri (o dei bianchi) a controllare la tua zona, secondo le stesse regole. Una zona che solo il potere che volevi combattere ti può garantire.

    Carla Lonzi già un paio di anni dopo aver sputato su Hegel osservava: “Il rischio di questi scritti (quelli di RF) è che vengano presi come punti fermi teorici mentre riflettono solo un modo iniziale per me di uscire allo scoperto, quello in cui prevaleva lo sdegno” (Lonzi 1973)
    Vabbè in realtà è una citazione un po’ buttata là….non ho mai capito un granchè dei suoi scritti…. quello che mi pare di aver capito l’ho tenuto buono così e dice pressapoco che se un discorso, una narrazione, una cultura un mondo, ti dice “tu non vali”, “tu non sai chi sei, te lo dico io chi sei”, “tu sei causa del male, e fonte di corruzione” (porca Eva… mi ricorda qualcosa) ecco, la prima cosa da fare è sputare sul quel discorso, su quella narrazione, fosse pure (anzi a maggior ragione) la cultura che ti ha fatto, il piatto nel quale hai mangiato il mondo sul quale metti i piedi.
    Ora non mi permetto di farlo qui a casa di Eretica (non passerei del resto), però mi chiedo, se la Lonzi sputava su Hegel perchè zanzarone non dovrebbe sputare sulla Melandri?

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