Autodeterminazione, La posta di Eretica, Storie

Buona o cattiva madre? Chissenefrega! A me è piaciuto allattare!

304594029_f396b587cf_largebyWespionageonFlickr

Io l’ho allattata, mia figlia, e sono contenta di questa scelta. Nessuno mi ha obbligata, nessuno ha tentato di farmi sentire in colpa, né mi ha influenzato la letteratura che tratta questo tema. Allattamento no. Allattamento si. Non mi sono posta il problema e se devo dirvi la verità ho evitato di leggere forum, mischiarmi in zone in cui il tema viene trattato peggio che se fosse una religione. Non ho voluto confrontare questa cosa intima con il mondo intero perché riguardava me e il rapporto esclusivo che potevo ritagliarmi in quel momento con mia figlia. Dopo l’avrei vista abbracciare tante altre persone. Avrei visto le sue mani toccare altri visi e corpi. Ma in quel preciso momento io e lei eravamo una cosa sola.

C’è anche una componente erotica nell’allattamento, se lo guardiamo come attimo che dona piacere. Il mio piacere è stato intenso, un godimento pieno, indescrivibile, al punto che era difficile smettere, staccarmi da lei. I primi mesi li ho trascorsi così, meravigliata di quella meraviglia, proprio io che non avevo mai creduto alla maternità come cosa sacra. Me ne fregava poco della mistica del materno, o dell’istinto materno. Io non avevo mai preso in braccio un bambino fino a quando non ho incontrato lei. Bellissima creatura a compensare il mio temporaneo narcisismo, per poi scoprirla altro da me e imparare a riconoscere i suoni, le espressioni, per comunicare con lei anche senza parole.

Me la guardavo e riguardavo. Ancora oggi chiedo a me stessa come sia stato possibile mettere al mondo una creatura così perfetta. L’ho fatta io, capisci? E puoi togliermi tutto, ma non puoi togliermi questo. L’ho fatta io e da quel momento non seppi più distinguere il prima e il dopo. Com’era prima di mia figlia? Ma c’era stato un prima? E quel che sto vivendo è un dopo? Quella bambina per me fu vita, termometro intimo, posizionamento identitario e anche di genere. Potevo amare chiunque, essere chiunque, ma volevo anche essere la persona che potesse godere del privilegio di restare accanto a quella bimba.

Non vi dirò cose melense e spero che non considerate tali quelle che vi ho già confidato. Non so come spiegarlo e poi mi sono imposta di non vivere quella maternità con uno schema in testa difficile da distruggere. Senza pregiudizi e senza un’idea fissa in testa da imporre a lei. Gli schemi sono saltati, tutti quanti. Non perché qualcuno le abbia detto niente, ma ho dovuto seguire le sue inclinazioni. Quando fu più grandicella voleva la bicicletta, ma la voleva viola. Voleva il costume di carnevale e le piaceva vestirsi da principessa. Metteva sotto una tuta sfilacciata, di quelle che servono per le occasioni truculente, e gli scarponi da montagna, ma a prescindere dai salti e dai combattimenti che faceva voleva vestire quegli abiti e guai a toglierli. Ha amato suo padre immensamente, da subito, per sempre, ma questo arrivò dopo, quando il mio corpo e il suo furono già lontani. Quando dovetti sopperire alla nostalgia, la mancanza, l’assenza di quel corpo tra le braccia. Quella che provavo era passione, io l’amavo. E lei godeva di quei molti ritorni alla antica posizione e la sperimentava su di me o su suo padre, senza essere costretta scegliere.

L’allattamento per me è stato un momento dal quale ho tratto forza. Mi sentivo essenziale, necessaria, sicura, indipendente al punto da nutrire una creatura. Quell’esperienza mi ha resa quel che sono ora e non ne faccio l’apologia perché ogni esperienza è soggettiva. Se io ne ho tratto beneficio un’altra può averne tratto cose differenti. Non siamo tutte uguali, questo è certo, e non mi sognerei mai di dire a un’altra quello che deve fare nella vita, così come spero che altre non faranno con me. Perché a considerare il proprio vissuto un dogma per le altre diventa proprio brutto da gestire, per se e per le altre. A me è andata così ad altre non lo so. Ma eccomi, ci sono anch’io. La mia voce conterà pur qualcosa, no?

Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.

2 pensieri su “Buona o cattiva madre? Chissenefrega! A me è piaciuto allattare!”

  1. anche io ho provato le stesse identiche sensazioni.Dirò di più, la maternità e poi l’ allattamento,
    mi facevano sentire onnipotente, ora detta così…capisco che possiate pensare ad un delirio, ma davvero mi sentivo così. dopo quell’ esperienza, ho ricevuto un altra forza, una resistenza che mi ha accompagnata per molti mesi.
    Premetto che avevo deciso di chiudere le tube, cosa che ho fatto, e non c’è stato pentimento, nonostante la positività con cui ho vissuto il tutto.

  2. Condivido il fatto che si tratti (maternità, allattamento e company) di cose talmente intime e personali che l’esperienza di una non può e non deve diventare il dogma di tutt*. Il problema è quando tutto quello che ti circonda è fatto per farti credere che in questa totalità di esperienze esiste un buon modo e un cattivo modo di fare le cose; ecco perchè sono stata contenta di aver vissuto il parto in Francia dove in ogni momento ho potuto scegliere se allattare o meno, partorire con dolore o solo con amore, o anche con il giramento. Il dolore non lo sopporto, l’epidurale per me è stata un’esperienza magica. Quello che voglio dire è che le cose si complicano quando il discorso “degli esperti”(medici, ostetriche, puericoltori) è impregnato di retorica: diventa difficile credere che il fatto di essere una buona madre sia indipendente dal fatto di allattare o meno , per fare un esempio.

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