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Travestirsi da uomo, su twitter, per non essere più trattata da oggetto

Sara segnala e ha tradotto questo articolo. Dice “trovo dei toni eccessivamente vittimistici in certi punti, ma è comunque un esperimento interessante”. E io sono d’accordo con lei. I toni di questo articolo sono a volte eccessivamente vittimistici e improntati a interpretare la narrazione dominante. L’esperimento, tuttavia, val la pena di essere citato e raccontato. Voi cosa ne dite? Buona lettura!

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La scorsa settimana sono diventata un uomo. Ho sognato di essere un uomo, in passato, domandomi come fosse avere dei genitali a penzoloni, immaginando di camminare con le cuffie accese, di correre da solo di notte. Non ne ho mai avuto la possibilità. Ma sono diventata un uomo su twitter.

Io e il mio partner ci siamo ritrovati a parlare spesso di ingiustizia, lui è consapevole del suo privilegio maschile, è femminista. In un tweet ha dichiarato che io e lui scriviamo le stesse identiche cose. In seguito lui discute, io mi ritrovo 20 ragazzi che mi chiamano “grassa”.

La mia firma su twitter è @hippoinatutu perchè mi identifico con quei bellissimi ippopotami in tutù del film “Fantasia”.Il body-shaming non è mai giustificato per me e io parlo apertamente sull’essere una donna grassa. Sono consapevole di essere grassa. Sono anche bassa, ma nessuno finora ha mai espresso il suo disaccordo con me, chiamandomi “bassa disgustosa”.
Mi dicono che sono grassa e brutta di continuo, ricevo regolarmente minacce di stupro, anche se spesso mi dicono che “sono troppo brutta anche per essere stuprata”. Anche se queste persone su internet non possono essere considerate intelligenti e non mi dicono nulla di nuovo, fa male. L’abuso online è solo un piccolo frammento di ciò che le donne sentono ogni giorno.

Non solo siamo attaccate su internet da gente senza volto. Siamo abusate. 1 su 6 verrà assalita/violentata. Ci uccidono. Non siamo solo zittite su twitter, con il nostro giro di 4 followers, siamo zittite dai capi e soffocate dai media. I politici ci zittiscono. Fino a interiorizzare il silenzio e a zittirci da sole. Non solo ci viene detto che siamo grasse, ma anche le persone che ci amano spesso ci fanno vergognare del nostro corpo, anche quelle che dovrebbero saperne di più. I trolls online, sono solo l’eco di quello che sentiamo ogni giorno.

Che cazzo. E’ sbagliato che non si possa parlare, nemmeno su Internet, senza temere molestie verbali, minacce di stupro, presunzioni circa la nostra vita sessuale. Trovo straziante non poter raccontare le mie esperienze, i miei dolori, perchè dei trolls passano ore a cercare di zittirmi.
Potrei mostrarvi cose nauseanti, tante schermate di insulti vili. Ma ve ne mostrerò solo uno: @hippoinatutu sei grassa, brutta e una disgrazia per la razza bianca.

Così sono diventato un uomo. Nel senso che il mio nome è diventato Alex, e ho cambiato la mia immagine con quella di un uomo (presumibilmente) cis-etero. Ho parlato con alcuni colleghi blogger che mi hanno ricordato della chiamata delle donne nere, a cambiare il proprio avatar presentandosi come uomini e dei risultati potenti ottenuti . Ho deciso di provare per una settimana, facendo tutto allo stesso modo in cui ho sempre fatto, solo con una foto di sesso maschile.
“Non saranno sorpresi dal mio nome utente?” Ho chiesto al mio compagno, quella sera.

“Non credo che si noterà. Una volta che la gente vede un uomo, vede solo un uomo”.
Quindi ho provato. Con nome e foto maschile, ho twittato: “Ricordate: dire a una donna che è troppo grassa/brutta per essere stuprata, è comunque cultura dello stupro”.
E ancora: “Minacciare una donna perchè parla di cultura dello stupro, è comunque cultura dello stupro”.

Non è successo niente. Mi hanno ritwittato, alcune persone hanno messo tra i preferiti le mie affermazioni, e nessuno mi ha detto che ero grasso o brutto. Nessuno ha minacciato di violentarmi! Si è scoperto che non ero passato da “donna” a “uomo”, ma da oggetto a uomo.

Ho passato la settimana a parlare di oppressione sistematica. Come femminista intersezionale, mi sono tuffato nella cultura dello stupro. Ho parlato delle responsabilità della polizia, condannato la violenza domestica, amplificato altre voci. Quasi sempre senza interruzioni. La mia voce era senza restrizioni. Com’è bello parlare senza timore di ritorsioni. Mi sentivo così libera.

Per un’intera settimana, ho avuto modo di vedere che cosa si prova a essere trattati con rispetto. Come uomo, potevo utilizzare le stesse parole di prima e trovare al massimo una discussione, un disaccordo, o proprio nulla, invece dei soliti insulti. Ero diventato un essere umano, la cui voce meritava di essere ascoltata.

Disumanizzare le femministe e i/le guerrier* della giustizia sociale, disumanizza me e tant* altr*, perchè non siamo solo quelle etichette, siamo persone.

Qualcosa di strano è successo. Ho sperimentato il privilegio in modo inaspettato. Jessie Hernandez aveva 17 anni, queer, sudamericana e uccisa da poliziotti in un veicolo rubato.
Io, insieme a migliaia di altri, ho immediatamente espresso indignazione per la sua morte. Ho espresso sdegno per quello che vedo come un modello di brutalità della polizia contro le persone poc (n.d.s.: letterarmente sigla di “persone di colore”, viene utilizzato per indicare tutte le persone di razza non bianca caucasica) e ho parlato di lei: Jessie Hernandez, una bambina uccisa a causa di un sistema che io vedo completamente malato.

Con milioni di persone di origini sudamericane tra cui scegliere, Buzzfed, ha scelto il mio tweet per esprimere l’indignazione in cima al loro articolo.
Sono rimasta sorpresa. Anche se mi era già capitato di essere citata, non mi era mai successo di essere la prima citazione in un articolo, quello più in vista, in cima all’articolo. E quindi mi sono domandata se non fosse proprio per questo avatar bianco e maschio, di fianco al mio nome. Sarebbe stato differente vedere una donna? Una donna queer? Una donna nera e queer?

Non fraintendetemi, non che ci sia nulla di sbagliato nell’includere l’indignazione da parte di uomini bianchi, ma sono abbastanza sicura che non fosse la MIA indignazione verso la brutalità della polizia, a voler essere amplificata.

Ieri mi sono svegliata ansiosa. Una settimana era passata. E non volevo cambiare la mia immagine. Avevo apprezzato il privilegio sperimentato. Mi è piaciuto farmi trattare da essere umano.
Ma io credo che parte della lotta è essere ciò che sono. Donna, grassa, queer, rumorosa e onesta. E per essere onesta sento che le mie parole devono essere lette con il mio vero volto accanto.

Ho rimesso la mia vecchia immagine del profilo. Ho ancora il privilegio di essere bianca e quindi la possibilità di avere rispetto delle discussioni sulla razza espresse da altre, ma non posso più parlare liberamente di come è vivere in una cultura che sostiene stupratori, che non punisce chi commette violenze continuamente, statisticamente contro le donne. Non posso più testimoniare la mia esperienza senza molestie. Ho perso il presunto pene che mi da il diritto di parola.

Così, parlerò finché potrò:

Mi sentite quando dico che fa male? Potete entrare in empatia con il mio dolore? Le vostre minacce di stupro feriscono una persona reale. Mi ricordano un trauma che ho vissuto. Pensate davvero di volermi fare del male, solo perché non sono un uomo?

Come può esservi utile negare la mia umanità? Che cosa perdereste mettendo altrove la vostra energia? Io non voglio portarvi via nulla. Voglio che mi ascoltiate. E che mi riconosciate come essere umano.

2 pensieri su “Travestirsi da uomo, su twitter, per non essere più trattata da oggetto”

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