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Mio figlio, al di là del muro. A costruirlo: ex marito e suocera!

Io piccola, incerta, già sposata. Artista per indole e per aspirazioni. Il matrimonio rappresentò un punto d’arrivo e di partenza. C’ero io con le mie piccole o grandi difficoltà, poi c’era lui che aveva un’ingombrante famiglia appresso. Casa della sua famiglia. Suocera invadente e un po’ gelosa, intenta a screditarmi e dipingermi come una buona a nulla incapace di un parto perfetto. Disse che sarei diventata cicciona e che mio figlio sarebbe venuto veramente male.

Come si vive o si cresce con persone che mostrano a tratti un po’ di confidenza e poi ti rubano l’intimità con freddezza e calcolo a me del tutto estranei? Non sarò certo la donna migliore del mondo, ma perlomeno accanto a me puoi avvertire calore e non quel gelo che ho sentito durante quegli anni.

Mio marito in parte mi ha consentito la possibilità di inseguire i sogni e poi, però, mi lasciava in balìa di sua madre. Un giorno ce la ritrovammo perfino in camera da letto, a sorvegliare i nostri respiri, come fosse una cosa normale condividere i nostri orgasmi con lei.

Ancora mi chiedevo perché la mia famiglia avesse immaginato che io potessi trovarmi bene con questi individui apparentemente aperti, brillanti e colti e poi così chiusi, gretti nell’anima. Il mio ruolo, in quella famiglia, era perfettamente definito: io casalinga, stiratrice, aiuto cuoca, lavapiatti, e non potevo mancare agli inviti che ci rivolgeva la matrona. Così lei passava il tempo a ingrassarci per poi discutere della mia ciccia giusto l’attimo dopo.

Non so come spiegare ma posso dire che quegli anni furono davvero complicati, sentivo la pressione di un costante abuso nei miei confronti. Avevo difficoltà a impormi. Quel modo di fare mi rese insicura, e io ero timida, con problemi di relazione e tanta ostilità, unita ai complimenti della suocera, che non lasciava passare giorno senza dirmi che ero una incapace, pesarono sulla mia vulnerabilità. Depressa, sola, e dopo le ulteriori ingerenze subite durante il parto e l’allattamento, quel matrimonio, ovviamente, finì.

Mi fu assegnata la casa e affidato il bambino. Lo amavo, mi amava. Vivevo recuperando fiducia in me, felice di riscoprire di poter essere amata e serena per il bel rapporto costruito con mio figlio. Poi l’influenza del padre e della nonna provocò distanza. Ero da sola, ho avuto momenti di difficoltà, il bimbo veniva affidato a volte alle cure paterne e della nonna e mentre realizzavo cose positive nella mia vita, sperando un giorno di avere la stabilità affettiva, professionale ed economica per poter essere indipendente da tutto e tutti, davanti a quel bambino a me veniva sottratta sempre più credibilità.

Scema, rincoglionita, pazza, cretina, idiota, malata, cicciona, erano tutti termini affettuosi che venivano fuori dalla bocca di mio figlio. Svanì il rapporto felice, venne meno la mia autorevolezza, sapientemente distrutta dalla famiglia paterna. Infine quel che volevano ardentemente era buttarmi fuori di casa per riprendersela e mollarmi in mezzo alla strada.

Non volevo tenermi quel che non sentivo nemmeno mio, sebbene io avessi speso gran parte della mia vita tra quelle mura, ma avevo bisogno di tempo. Mio figlio fu allora usato come arma di ricatto. Sentivo l’odio, l’avversione profonda, crescere e radicarsi in lui. Infine, quando fu adolescente e poi anche maggiorenne, smise di parlarmi, di considerarmi un suo punto di riferimento. Lui era in tutto e per tutto parte di quella famiglia e ne ripeteva i linguaggi, ne reiterava i metodi e nel frattempo mi disse che non mi avrebbe più vista a meno che io non restituissi la casa ai legittimi proprietari.

Quel che a me sembra profondamente ingiusto è il fatto che questa famiglia pensi di aver fatto tanto per me senza considerare quel che io ho dato a loro, perché evidentemente qualcosa ho dato. Mi spiace anche vedere il padre di mio figlio rigidamente schierato e silente rispetto alle offese che io ricevo, eppure quando mio figlio, nell’adolescenza, ebbe una rottura con lui io ribadii la stima nei confronti di suo padre e provai a facilitare il loro riavvicinamento.

Perché istigare odio non è nelle mie corde e perché mi è sempre sembrato più che normale crescere quel figlio insegnandogli a poter contare su tutte le figure adulte che potevano rappresentare suoi punti di riferimento. Avere tante persone che gli vogliono bene è infatti una ricchezza.

Sto adesso ricostruendo, pian piano, la mia vita. Sto recuperando la mia reputazione massacrata da infondate dicerie e sto tentando di risollevarmi dal peso che rappresenta per me il lutto della perdita del legame con mio figlio. Perché è un lutto e non è facile superarlo, elaborarlo e vivere poi con serenità. Ho chiesto aiuto a qualcuno che è in grado di darmi sostegno psicologico ma quel che mi serve, ora, è cercare di tradurre, come ho sempre fatto, una difficoltà privata in una rivendicazione politica.

Non sono certo la sola a vivere questo genere di situazioni. Quante sono le madri che vedono sgretolarsi i rapporti con i figli perché i padri o le ex suocere glieli mettono contro? Quanti sono i padri che sono stati estromessi dal ruolo genitoriale perché la famiglia materna non è stata in grado di gestire le difficoltà conseguenti a una separazione con intelligenza e sensibilità?

Se anche posso ritenere di avere qualche responsabilità comunque ho difficoltà ad accettare l’allontanamento cruento di mio figlio. Gli voglio bene. E’ parte della mia vita. E questo è il mio dolore. Chi altr* vive oggi quel che vivo io?

Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone, è puramente casuale.

2 pensieri su “Mio figlio, al di là del muro. A costruirlo: ex marito e suocera!”

  1. Non ho permesso che me lo portassero via, ho lasciato tutto.
    A te – alle mie sorelle diseredate – il mio, infinito, affetto. Il vostro canto è il mio canto, il vostro pianto è il mio pianto.

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