Erano in tre, forse quattro, capeggiate da una stronza con i capelli biondi. Mi mortificarono per un lunghissimo tratto di strada. Quando poi arrivammo ai giardinetti una mi strappò via lo zaino, l’altra mi prese per i capelli, la capa bulla mi frantumò lo stomaco e l’orgoglio e poi mi lasciarono cadere faccia a terra sul mio vomito. Per terra c’era tutta la mia anima, fetente e piena di colori, e nel frattempo quelle mi umiliavano e urlavano frasi offensive contro di me. L’insulto ricorrente era “troia”, al secondo posto c’era “puttana” e al terzo qualcuna preferiva “negra” o “zingara” a seconda delle preferenze. La capa bulla ci teneva a riaffermare il suo potere e tenendo a posto me intimidiva un sacco di altra gente. Solo che io le tenevo testa e finché fummo grandicelle, perfino alle scuole superiori, con lei c’era un rapporto fatto di merda in faccia e sputi.
Io ero brava a scuola, parecchio timida e non credo di aver mai pensato a un ragazzo prima dei miei 14 anni. Eppure quel mio sguardo pavido fece sparlare mezza scuola e ci fu anche l’insegnante a chiedermi se non avessi problemi di sesso. C’era il mio nome scritto sulle porte dei cessi e accanto termini offensivi, e troia, e bocchinara, e succhiacazzi. Poi c’era la bulla che aveva beccato una mia foto e la mise online per mettermi alla gogna. Le offese conseguenti furono insopportabili. Voi non capite ma per la pesantezza e la pressione si può anche scegliere di voler morire. In effetti avevo quasi pensato a questa eventualità, perché non sapevo più dove nascondermi. Mi arrivavano centinaia di input negativi, messaggi, insulti, commenti perfidi, e in più le bulle che inseguivano i miei passi, le sberle e gli spintoni.
Vi sembrerà strano ma uno degli argomenti preferiti delle bulle è il fatto che tu riceva o meno le attenzioni di un ragazzo. Gira che ti rigira è sempre una questione di contesa di un territorio e c’è la strega malefica che tra uno specchio delle mie brame e l’altro arma compagne e perfino compagni affinché sia punita la rivale. Perché è più bella, più brava, intelligente, perché semplicemente alla bulla gira storto, perché a volte non c’è una ragione precisa per cui la bulla individua in una precisa persona la fonte di tutti i mali. E’ dura affrontare contesti del genere da grandi. Figuriamoci da piccole. Sicchè vi dicevo che in realtà le motivazioni o le offese si riducono sempre agli stessi cliché sessisti.
Ricordo chiaramente la capabulla che mi guardava come fossi un insetto e insultava il mio aspetto, era sessista in un modo atroce, e se devo aggiungere un altro dettaglio devo dire che nella mia stessa scuola non ho trovato ragazzi che si comportassero esattamente allo stesso modo. Le ragazzine di dodici anni erano assai più aggressive e violente dei ragazzini della stessa età. Le bulle prendevano di mira anche loro e lo facevano utilizzando ancora insulti di tipo sessista.
Perché vi parlo di questa esperienza? Perché qualche giorno fa ho incontrato ancora la bulla, oramai adulta, con una faccia da stronza, sempre la stessa, che però tradiva la tristezza. Non so cosa le è successo e non gliel’ho chiesto. Sinceramente non me ne frega un cazzo. Però quando lei tentò di attenuare i ricordi, per operare un revisionismo della nostra comune storia, le dissi che no, non erano stati pochi spintoni e non c’era niente da ridere. Le dissi che non si trattava di una lotta ad armi pari ma di una gang di stronze che si divertiva a martoriarmi facendomi annegare nel mio vomito. Le ricordai perciò le volte in cui mi avevano fatto attraversare tutto il mio quartiere con i vestiti sporchi e il pianto a dirotto.
La stronza, oramai adulta, allora mi ha guardato e ha detto una cosa del tipo “mamma mia come te la sei presa… ci pensi ancora? Ma vai avanti… cresci…” e io mi sono innervosita parecchio perché in effetti sono cresciuta e non dedico un tempo così grande al ricordo di quei momenti. Però mi sono servite un tot di sedute dalla psicoterapeuta per elaborare qualcosa che non capivo e che mi porto comunque dietro. E mi seccava, poi, il fatto che lei provasse ad attenuare le proprie responsabilità, per cui le dissi “a me pare che sei tu a dover crescere, perché una persona cresciuta non banalizza le violenze fatte ad altre, ma se ne assume la responsabilità”. La sua faccia, a questo punto, aveva l’espressione di una che ha ricevuto in dono una cagata d’uccello sulla testa. Si toccava ripetutamente i capelli e non sapendo che cavolo rispondermi mi ha detto che le aveva fatto mooolto piacere vedermi. Poi se ne è andata.
Puntando la sua camminata, senza aver paura di apparire infantile, le ho fatto una linguaccia con dito medio incluso. E’ stato catartico, devo dire. Molto catartico…
Ps: è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.
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io gli avrei dato anche una testata…….ma sarei caduto ai suoi livelli.
purtroppo è bene che la gente si renda conto che esistono queste cose.
marcello
Sì, effettivamente trovo la retorica del “volemose bene” tipica delle rimpatriate di classe e di situazioni analoghe davvero vomitevole.
Complimenti alla ragazza per aver insistito a tenere il punto.
Ricordo un episodio analogo.
Una sera uscii con alcuni amici. Nella compagnia vi erano anche persone che non conoscevo, tra le quali un ragazzo che anni prima stava in un gruppo che continuava a prendermi in giro mentre lavoravo come cameriere in un bar-pizzeria del paese.
Tentò un “approccio” con me, ma lo liquidai mandandolo a quel paese.