Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Contributi Critici, Precarietà, R-Esistenze

#Italia: quello che le sex workers chiedono alle istituzioni!

La proposta di Zoning romana è naufragata nel nulla. Felicissime le abolizioniste, i preti, i fascisti, divisi tra chi vorrebbe cancellare il diritto alla libertà di scelta di chi vuole prostituirsi in maniera legale e chi vorrebbe ricacciarle nelle squallide case chiuse. Dato che la discussione è ancora aperta, più che illuminare il mondo con le mie seppur fantamegagalattiche opinioni (scherzo!), condivido con voi pensieri, scritti e rivendicazioni delle sex workers italiane, includendo donne, uomini, gay, trans. Buona lettura!

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Pia Covre
Pia Covre

Il lavoro sessuale

di Pia Covre (febbraio 2015)

Mi capita spesso di leggere articoli di giornalisti e scritti di intellettuali che citano frasi di Carla Corso e mie (Pia Covre), quasi mai riportando per intero un mio pensiero. Semplicemente prendendo frasi o pezzi di frasi delle mie interviste o di miei scritti per supportare una loro tesi. In questo modo l’incompletezza delle mie dichiarazioni vengono usate spesso per distorcere il mio pensiero. Inoltre voglio affermare che ogni momento storico ha le sue peculiarità di contesto sociale e legislativo che richiede nuove riflessioni. Quindi pur restando ferma nei principi maturati dalla esperienza e dalla conoscenza è indispensabile tenere conto della realtà per non sconfinare in un pensiero arroccato su posizioni ideologiche che non sarebbe di aiuto per affrontare i problemi di oggi. Per questo sento di voler chiarire alcuni punti sulla prostituzione.

Prostituzione é lavoro?

Senza dubbio per la maggior parte delle persone il lavoro é il mezzo che dà le risorse materiali per vivere. In questo senso possiamo definire lo scambio sesso = denaro un lavoro, tanto più se questo diventa l’unico mezzo di sostentamento per un periodo della propria vita.
Ho conosciuto persone che hanno scelto di fare il sex work per libera scelta, per hobby oppure per ribellione, altre come scelta obbligata dal bisogno o dalle circostanze. In ogni caso quando queste persone parlano dicono sempre “questo lavoro”…..mi piace…..non mi piace……é provvisorio solo per un po’…..lo faccio per i soldi e i bei vestiti…”

Comunque sempre lo chiamano lavoro.

Da quarantacinque anni (1 secolo fa) io faccio parte della comunità delle sex worker come lavoratrice, occasionale all’inizio negli anni dell’apprendistato e poi definitivamente a tempo pieno. Attivista per i miei e i nostri (di tutti/e) diritti nei 33 anni successivi. In così tanti anni ci sono stati molti cambiamenti nel mondo e nella nostra società.

Carla Corso
Carla Corso

Nel 1965 in Italia le persone che si prostituivano erano un numero modesto (ma mai si é saputo veramente quante sono) e quasi esclusivamente italiane, oggi nel 2015 pare che lavoratrici e lavoratori in questo settore ce ne siano molte di più e che siano in maggioranza persone immigrate (ogni dato numerico in questo settore si riferisce a stime approssimative, infatti nessuna ricerca statistica in Italia é mai stata fatta, ne sarebbe fattibile visto il divieto di schedatura, per sapere il numero esatto di sex worker). Le politiche sono cambiate, quelle sociali impoverite, le leggi sull’immigrazione sono diventate estremamente restrittive e sulla prostituzione c’è stato un crescendo di azioni repressive.

Quando eravamo poche migliaia di italiane a fare questo lavoro, cittadine di un paese che stava sviluppando politiche sociali e di welfare per tutti compresa l’assistenza sanitaria pubblica, non sentivamo la mancanza di protezione sociale e previdenziale, non era indispensabile essere lavoratori riconosciuti per avere diritto al welfare. Noi come attiviste chiedevamo una decriminilizzazione del nostro lavoro, meno repressione da parte della polizia, un po’ di rispetto per la nostra scelta.

In fondo lo scambio di sesso per denaro poteva benissimo essere e restare un fatto del tutto personale. In un’epoca in cui si erano conquistate molte libertà e le donne si stavano velocemente emancipando anche la prostituzione é stata libertà sessuale che ha aiutato molte donne ad emanciparsi economicamente.

Regolamentare il lavoro non era in quegli anni un nostro bisogno primario. Decriminalizzarlo sì per essere libere di usare il nostro corpo per fare sesso anche a pagamento senza venire per questo stigmatizzate.

Ma con i cambiamenti degli ultimi anni é chiaro che le cose non possono più essere così. Non si può stare immobili davanti alla globalizazione e al vasto fenomeno della migrazione femminile, si deve agire per migliorare le condizioni sociali e lavorative delle donne, soprattutto delle migranti e delle più povere, delle tante donne le cui vite sono state precarizzate dalle politiche in atto in Europa. Fra i tanti lavori informali fatti dalle donne, lavori che non offrono né protezione né diritti, c’è anche il sex work e per questo oggi si devono estendere diritti anche a questa categoria di lavoratrici/ori.

Di fronte al fatto che questo settore lavorativo é molto praticato da immigrate che possono risiedere in un Paese legalmente solo se hanno un lavoro legale il sex work deve essere riconosciuto come lavoro legale a tutti gli effetti, solo così è possibile rendere indipendenti e non ricattabili le lavoratrici.

Un lavoro che produce un reddito che deve essere riconosciuto. Chiaramente deve essere un lavoro il più autonomo possibile. Per questo non dovremmo stare qui  a perdere il nostro tempo per discutere se sia giusto legalizzare o proibire e punire la prostituzione. È molto più utile discutere su come in concreto si può, nell’ambito del sex work legalizzato, ottenere ampi spazi di libertà personale e tutele sul lavoro. Riducendo il più possibile lo spazio allo sfruttamento delle lavoratrici da parte di chiunque ovvero rafforzarle nella contrattazione con i clienti, i/le manager, gli/le intermediari e anche dal Fisco. Anche le forze di polizia potrebbero investire il loro tempo/lavoro per fare la guerra alla delinquenza e non alle sex worker.

Naturalmente in generale mi riferisco a sex worker femmine, maschi, transgender ecc..anche se spesso per velocizzare uso il femminile.

Ecco, queste alcune precisazioni di Pia Covre e a seguire la descrizione del disegno di legge di iniziativa popolare che il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, fondato da Carla Corso e Pia Covre negli anni ’80, ha concepito, in collaborazione o grazie ai suggerimenti delle persone che lavorano nel/con il sex working, presentato settimane fa con il Codacons. Lo condivido con voi perché quando si parla delle sex worker bisogna, per l’appunto, riferirsi a quello che loro, in primo luogo, rivendicano e vogliono per sè. Ancora buona lettura!

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PROPOSTA DI DISEGNO DI LEGGE DISPOSIZIONI IN MATERIA DELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ DI PROSTITUZIONE

D’iniziativa popolare

Relazione:

con la seguente proposta di disegno di legge si intende intervenire sul delicato tema della prostituzione. Materia in cui, soprattutto ultimamente, si avverte l’esigenza di un riequilibrio e di una regolamentazione.
La necessità di un intervento è indotta anche dal fatto che lo Stato, di recente, ha incluso i ricavi dell’attività della prostituzione nel calcolo del PIL nazionale ed ha chiesto il pagamento delle tasse a dei “lavoratori”, che allo stato attuale, in assenza di una regolamentazione ad hoc, non possono essere considerati tali. Necessità di una regolamentazione che trae origine anche dalla recente evoluzione giurisprudenziale in materia. La Corte di Cassazione, infatti, con la Sentenza 1° ottobre 2010, n. 20528, ha stabilito che anche la prostituzione tra adulti deve essere soggetta a tassazione, poiché è un’attività “lecita”. Di conseguenza, a partire dalla suddetta pronuncia, se il meretricio è considerato a tutti gli effetti un’attività lecita e, in quanto tale, da considerarsi alla stregua di un’attività tassabile, dovrebbe necessariamente trovare una collocazione normativa come tutti gli altri mestieri e professioni.
La Corte di Giustizia Europea, inoltre, con la pronuncia del 20 novembre 2001, nella causa C268/99, ha affermato che la prostituzione può essere inquadrata in un’attività economica a libera professione.

Art. 1 “Definizione di esercizio della prostituzione”.

La presente legge fornisce una disciplina sulle attività di prestazione sessuale dietro pagamento di un corrispettivo.
Tali attività o c.d. di esercizio della prostituzione sono costituite da servizi sessuali ed erotici. Per servizi sessuali ed erotici si intende quelli prestati fisicamente con contatto fra le persone e anche virtualmente attraverso strumenti di comunicazione di Nuove Tecnologie in siti web appositamente dedicati.

Possono fornire liberamente prestazioni sessuali, in favore di altri soggetti, persone maggiorenni italiane e straniere purché vengano rispettate le seguenti condizioni:

1) il destinatario della prestazione deve essere maggiore degli anni 18 e consenziente. Chiunque venga sorpreso a svolgere tale attività con un minore di anni 18 è punito con la sanzione pecuniaria di € 1.000. Alla stessa pena soggiace il minore destinatario della prestazione;

2) l’attività può essere esercitata in uno dei luoghi indicati dal successivo art. 3;

3) i proventi dell’attività devono essere oggetto di dichiarazione dei redditi da lavoro così come previsto dalla normativa vigente e dal successivo art. 2.

Art. 2 “Posizione previdenziale”.

Il prestatore di attività sessuale può aprirsi la partita IVA o svolgere attività in modo occasionale.
Nel caso in cui l’attività sia esercitata in forma individuale e non in via occasionale, sono obbligatorie:

– l’iscrizione al regime pensionistico autonomo obbligatorio presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
– l’iscrizione presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).

Le malattie professionali inerenti l’attività di prestazione sessuale, riconosciute dalle competenti autorità sanitarie, sono coperte mediante l’assicurazione INAIL.
Chi, avendo altra attività lavorativa principale, presta servizi sessuali a pagamento solo occasionalmente dovrà solamente dichiararne il reddito percepito nella dichiarazione IRPEF.

Le persone che offrono servizi sessuali ed erotici nei termini della norma hanno diritto ad essere iscritte al Servizio Sanitario Nazionale, potranno su richiesta ottenere visite e prestazioni sanitarie particolari per la prevenzione e la cura di malattie inerenti la propria attività.

Art. 3 “Luoghi di esercizio dell’attività”.

Non è punibile il proprietario che legittimamente concede in locazione, uso, abitazione, usufrutto o comodato un immobile a persona che ivi esercita attività di prostituzione.
Per l’esercizio dei servizi sessuali ed erotici possono essere usati locali e alloggi ad uso privato, sia singolarmente che collettivamente.

In detti locali la sola attività commerciale consentita è la prestazione di servizi sessuali ed erotici.
Per l’uso collettivo superiore a tre persone devono essere rispettate le seguenti condizioni:

– essere costituiti in cooperativa o associati;
– tutti i soci devono partecipare concretamente alle attività in autogestione;
– i soci debbono richiedere alla Azienda Sanitaria Locale un certificato di idoneità dei locali;
– i soci debbono ottenere, previo esame presso le CCIAA, un certificato di idoneità alla gestione commerciale dell’attività;
– i soci debbono iscrivere la società o cooperativa alle CCIAA.
Le condizioni di offerta dei servizi sessuali sono sempre decise e stabilite soggettivamente con il cliente e non possono essere determinate da organizzatori terzi.
Ogni Comune dovrà individuare almeno 3 zone sul territorio di propria competenza dove sia possibile lo scambio dei servizi sessuali di tipo ambulante e girovago. La scelta potrà essere fatta in forma partecipativa e coinvolgendo insieme alle istituzioni i rappresentanti di associazioni di cittadini, i rappresentanti delle associazioni dei lavoratori e/o esperti per esperienza con le associazioni che ne tutelano e promuovono i diritti.

Le zone così selezionate potranno essere attrezzate con servizi di base e di arredo pubblico adeguato. I Comuni potranno, altresì, qualora lo ritengano opportuno, regolamentare le zone nelle medesime forme già previste per i mercati ambulanti.

I Comuni che autorizzano le zone speciali e/o luoghi adibiti al sesso commerciale allo stesso modo con la stessa procedura possono individuare zone che intendono vietare a tali attività quali ad esempio aree limitrofe a scuole, dei culti religiosi o comunque che si dimostrino inadatte.

Le zone selezionate per l’esercizio delle prestazioni sessuali e i vari divieti dovranno essere pubblicati e aggiornati sul sito web di ogni Comune, con esposizione in bacheca, presso le CCIAA e con apposita cartellonistica.

Chiunque trasgredisce a tali divieti e dunque offre o compra servizi in aree non consentite sarà soggetto alla sanzione pecuniaria pari ad € 100,00 (cento/00). In caso di recidiva è prevista la sanzione pecuniaria da € 1.000,00 (mille/00) sino ad un massimo di € 2.000,00 (duemila/00).

I Comuni non possono mettere divieti sulla totalità del territorio. L’ANCI ha il compito di emanare linee guida per le buone pratiche della gestione del sesso commerciale di strada a cui potranno fare riferimento tutti i Comuni. Protocolli d’intesa saranno stilati insieme a rappresentanti della categoria dei prestatori di servizi sessuali ed erotici.

Art. 4 “Uso delle precauzioni”.

E’ fatto obbligo per tutti coloro che esercitano le attività previste dalla presente legge di utilizzare il preservativo.

Leggi anche:

Risorse:

—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex wokers: http://www.sexworkeurope.org

—>>>Tutti i post, le traduzioni, le news sul sex working su questo blog a partire dalla tag  Sex Workers

1 pensiero su “#Italia: quello che le sex workers chiedono alle istituzioni!”

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