
Mia figlia è arrivata dopo uno stupro. So che altre avrebbero abortito al posto mio ma io non me la sono sentita. Ho preferito trasformare una cosa brutta in qualcosa che fosse veramente mio. La mia gravidanza, quello che succedeva al mio corpo, mia figlia, il mio dolore, le mie doglie, la mia scelta. Volevo almeno determinare un pezzo del mio percorso dopo aver subito una violenza.
Per me lo stupro è stato soprattutto questo: qualcuno mi ha tolto il diritto di scegliere cosa fare nella mia vita, nella sessualità. Qualcuno ha deciso anche al posto mio e senza curarsi di nulla mi ha anche messo incinta. A quel punto accanto a me c’erano persone comprensive che mi consigliavano di abortire, e ancora pensavo che qualcuno volesse sostituirsi a me. Avevo addosso questa brutta sensazione. E io volevo solo riappropriarmi del diritto di scegliere senza tenere conto dell’opinione di nessuno.
Non avevo nessuna intenzione di dimenticare lo stupro, perché per me è un monito perenne che mi ricorda cos’è l’autoritarismo. Ora lo percepisco lontano un miglio e quel che voglio è che mia figlia abbia invece il diritto di decidere della propria vita. Così l’ho voluta, e non per ideale antiabortista, perché io sono fermamente convinta che una donna debba poter scegliere di abortire se lo vuole. Chi obbliga le donne a tenere un figlio che non vogliono è autoritario tanto quanto il mio stupratore. Per me è assolutamente la stessa cosa.
Mia figlia non saprà mai di questa storia, almeno fino a quando non sarà più grande. Un mio grande amico, che mi è stato molto accanto dopo la violenza, quando gli ho detto che volevo tenere la figlia mi ha subito dato la disponibilità ad essere presente come un padre. Così avrei potuto dire a quella figlia che lui era il suo altro genitore, anche se non vivevamo insieme e non ci amavamo più. Tutto sarebbe stato più o meno perfetto in un accordo segreto stipulato per la sua serenità. Poi, invece, è arrivata la mia attuale compagna e allora abbiamo deciso di raccontarle che lei è nata grazie alla procreazione medicalmente assistita. E’ nata per amore, per scelta di due donne che la amano tantissimo, escludendo ogni dubbio sulla ipotesi di paternità.
Non me la sento di raccontare com’è andato lo stupro perché mi sembra inutile offrire ad altri dettagli che possano risvegliare interessi morbosi da parte di qualcuno. E’ successo e io sto comunque bene. Nella scelta di tenere mia figlia hanno influito tantissimi fattori. Subito dopo sono emigrata in un’altra nazione. Non avrei corso il rischio di incrociare quello stronzo. Ho cominciato un’altra vita, altro lavoro e altri amori. Ricordo che al momento di preparare la valigia portai con me un vecchio libro per bambini che mi aveva regalato mio padre. Come se sapessi quel che stava per succedere. Ancora non sapevo della gravidanza. Volevo solo respirare un’aria diversa e togliermi di dosso lo stigma della stuprata.
Sapevano in tanti quello che era successo. Amici e amiche, persone che conoscevano il mio stupratore e che hanno reagito ciascuno in modo diverso. Chi mi ha creduta, chi invece no. Mi sono detta che non era per me fondamentale ottenere un riconoscimento sociale in quanto “vittima”. Io non volevo esserlo, non volevo essere considerata tale. Io ero quella che voleva riprendere in mano la propria vita per gestirla senza influenza alcuna. Così ho preso e sono partita.
La mia bambina ha oggi nove anni. Parla un’altra lingua, ha due genitori strepitosi, e scusate la modestia, ed è felice, serena, sprizza allegria da tutti i pori. Quando l’ho avuta ero veramente a terra, perché ancora non avevo elaborato quello che mi era successo e perché stavo lottando contro tutti per tenere una figlia che sembrava un dispetto a tutto il mondo. La guarderai e ti ricorderai di lui, mi dicevano. La odierai. Invece io la amo. La adoriamo. Siamo una famiglia e lei non saprà mai, per quel che ci è possibile, cosa significa subire una scelta che coinvolge il corpo e la sessualità.
In fin dei conti, quello che volevo dire, partecipando al bel dibattito sulla maternità che ospita il blog, è che un figlio dovrebbe essere sempre una scelta, non una imposizione. Io non mi sento una martire o una santa per aver tenuto mia figlia. Non sono migliore di chi avrebbe abortito al posto mio. So solo che per me è stato meglio così e che c’è voluta tanta forza per andare contro tutto e tutti e fare quello che volevo. Mia figlia è il risultato della mia tenacia e testardaggine. Lei è lo specchio della mia reazione ad una esperienza sgradevole. In qualche modo io ho vinto, ho affermato la mia capacità di autodeterminazione scegliendo di rendere mia quella creatura che doveva rappresentare per me un ulteriore abuso.
So che se non avessi accanto una compagna forse sarebbe stato più complicato, perché da quel che ho visto, con gli uomini della mia famiglia, per loro è una cosa più difficile da accettare. Credo che un uomo, accanto a me, si sarebbe sentito defraudato di qualcosa e avrebbe visto quella figlia come uno smacco a lui, unico detentore, in termini culturali, del possesso del mio corpo. Penso che un uomo avrebbe sofferto nel vedere riflessa sul volto di quella figlia anche l’impotenza per non avermi difesa. Sono retaggi che certi uomini non hanno ancora abbandonato. Non si sono liberati da quelle leggi sull’onore, il possesso, la protezione di una donna che consideri di tua proprietà. In altri tempi si diceva che stuprare una donna era un’offesa all’uomo che la possedeva o alla morale pubblica e non alla donna stessa. In alcuni paesi le donne stuprate vengono condannate per adulterio o per aver “fornicato”, con un uomo che non è il marito. Non so se questo retaggio sia scomparso in modo definitivo dalla nostra cultura. Perciò penso che forse sarebbe stato più difficile.
Ecco, questo è quello che volevo raccontare. Spero che possa essere utile a qualcuna…
Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata.
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Che grande persona!!
La tua vicenda mi ha commosso. Un enorme grazie per averla condivisa e un grande abbraccio – virtuale e solo se me lo permetti – per dire quanto il tuo percorso, in salita ma luminoso, sia alla fine un esempio magnifico di una ricerca di felicità. Riuscita.
permettimi, ma non sono d’accordo con la scelta di ingannare a tal punto tua figlia .. non è frutto di una procreazione assistita … certo manco puoi raccontare ad una bambina che è figlia di uno stupro e capisco la difficoltà di spiegarlo anche ad una adulta .. però una omissione più vicina al vero sarebbe secondo me meglio .. tipo frutto di un rapporto occasionale . . una versione che ti consenta di spiegare successivamente senza che lei si senta ingannata .. In ogni caso è stata stra voluta da sua madre e ha trovato un’altra figura genitoriale nella tua compagna .. che l’ha amata e l’ama tantissimo . per me è pure più forte come messaggio .. la tua compagna ha scelto te e con te la tua bambina … e assieme è divenuta vostra a posteriori . .