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Mia figlia, l’ho odiata. Poi è cresciuta, per fortuna!

Un’altra donna. Un’altra storia di maternità che si aggiunge alle altre. Buona lettura!

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Ciao, sono XXXXX,
ho commentato i primi due racconti [1] [2] di “mamma comunque” e ho letto il suo ultimo post, quello in risposta alla giornalista che voleva il secondo figlio e che si ritrova con un bel fardello da gestire.

Ti volevo raccontare la mia storia, anzi, parte della mia. Quella legata all’esperienza avuta con la seconda figlia.
Anch’io l’ho voluta tanto, l’ho voluta ed è arrivata, una sera di prima estate, mentre dalle spinte mi rompeva il sacco. Eccola! Ho pensato, ora non avremo più pace. Avevo come un presentimento.
Chiamo il mio compagno, arriva, tutto agitato. Che t’agiti?, gli dico, non c’è bisogno. Arriviamo all’ospedale, il giorno dopo partorisco.

I primi istanti di vita di mia figlia sono stati immortalati da foto in cui io ho una faccia che sprizza gioia da tutti i pori. Naturalmente sono ironica, anzi no, sarcastica.

Mia figlia si attacca subito al seno tutto procede per il meglio. È al secondo giorno che cominciano i dolori. Le sue gengive si arrotano sui miei capezzoli che diventano due occhi neri grondanti sangue. Chiedo aiuto alle ostetriche che non sanno come fare, barracuda, come l’hanno soprannominata, poppa proprio bene, sono io che mi devo abituare, poi passa.

Comincio a piangere, piango, piango, son disperata, provo un dolore lancinante e odio mia figlia che me lo provoca. Torniamo a casa, mia suocera non mi è affatto d’aiuto con i suoi consigli da portatitrice sana di esperienze perfette. La caccio di casa. Mia madre, come al solito sempre troppo occupata, non si vede neanche col lanternino. Siamo soli: io, barracuda e il mio primo figlio perché papà è a lavorare.

Barracuda non dà pace, dà il meglio di sé. Sta sempre attaccata. Io, mentre urlo dal dolore, continuo a ripetere: era meglio che non la facevo, era meglio che non la facevo. Mio figlio mi guarda disperato, si tappa le orecchie e mi risponde di non dire quelle cose. Una notte, che non riusciva a smettere di piangere, il mio compagno me la leva di mano che la stavo shakerando come un cocktail.

Poi però la situazione è cambiata. Lei è cresciuta, io l’ho conosciuta e i nostri rapporti son cambiati.
Questo per dire che io smetterei di parlare di mamme “non conformi”, parlerei piuttosto di mamme comuni, mamme normali. In una parola mamme.

Poi avrei anche altro da dire ma mia figlia mi sta chiamando 🙂
Vado.
un bacio a tutte noi.

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