Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Contributi Critici, Critica femminista, Precarietà, R-Esistenze

Le prostitute non sono traditrici del (proprio) genere e non stanno facendo il gioco del patriarcato

Quella che segue è una traduzione di un pezzo pubblicato sul blog del collettivo Aecos. Grazie infinite a Francesca per questa traduzione che contiene passaggi essenziali sul tema. QUI il testo in lingua originale. Buona lettura!

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“Le prostitute non sono traditrici del genere né stanno facendo il gioco del patriarcato” 

Il collettivo Hetaira, di Madrid, lotta per i diritti delle persone che lavorano nel mondo del sesso e per eliminare la stigmatizzazione sociale che da questa pratica deriva, criminalizzando le prostitute e considerandole sempre come “ eterne minorenni”. Abbiamo parlato con due dei suoi membri.

L’intervista è a cura di Silvia Arjona/ AECOS

Alba e Elisa, fotografate durante l'intervista a Placencia (in provincia di Càceres)/SAM
Alba e Elisa, fotografate durante l’intervista a Placencia (in provincia di Càceres)/SAM

La prostituzione volontaria. Pratica patriarcale o lavoro sessuale? Le risposte e le analisi possono essere molte e molto varie, dipende da chi lo chiede e da dove si vuole partire.

All’interno del movimento femminista e dei collettivi di donne, ci sono gruppi che difendono o condannano queste pratiche, senza arrivare ad una conclusione unitaria chiara. Per esempio, il femminismo radicale abolisce la prostituzione, poiché la considera una forma di oppressione delle donne da parte degli uomini, mentre il femminismo pro-sesso (sex-positive) lo analizza come un lavoro basato su un accordo commerciale tra adulti, poiché vi sono delle regole stabilite a priori.

Il collettivo Hetaira, il cui nome si riferisce alle donne libere e indipendenti dell’antica Grecia che esercitavano la prostituzione, lavora dal 1995 con donne e transessuali di Madrid con lo scopo di difendere i loro diritti come persone che lavorano nell’ambito del sesso e che possono organizzarsi, pretendere diritti civili e sindacalizzarsi… Gli interessa eliminare questa stigmatizzazione sociale che questo lavoro crea e che divide le donne fra “le cattive” (le puttane) e “le buone” (tutte le altre). La sua lotta persegue la differenziazione fra la prostituzione forzata e quella volontaria, per non omogeneizzarle, perchè è qualcosa di molto complesso; lottano per il diritto di autodeterminazione sessuale delle donne e per far si che le prostitute abbiano una voce nei luoghi in cui mai sono state tenute in considerazione, ad esempio nelle dinamiche istituzionali.

Parliamo con due lavoratrici ed attiviste di Hetaira, Alba Fernández Val e Elisa Arenas López, dopo la partecipazione alle Giornate trans-formative. Tipologie di trans-femminismo, realizzate a Plasencia (Càceres) alla fine di aprile e organizzate dal collettivo Extremadura Entiende, per conoscere meglio il loro lavoro e quello delle prostitute.

Cos’è il collettivo Hetaira?

Elisa. Hetaira è un collettivo di difesa dei diritti delle lavoratrici del sesso, formato da lavoratrici del sesso e persone che hanno altri lavori. E’ un collettivo misto che si creò a partire da femministe e lavoratrici del sesso, con l’obiettivo principale di difendere i loro diritti e migliorare le loro condizioni di vita, così come lottare contro lo stigma (la condanna sociale) che la prostituzione comporta.

Consideriamo, inoltre, che per quelle persone che vivono male l’esercizio della prostituzione e che vorrebbero lasciarlo, c’è bisogno di alternative reali, non di briciole dei progetti sociali.

Alba. Bisogna abbandonare l’idea delle eterne minorenni che abbiamo avuto delle donne nel corso della storia e che adesso viene associata alle prostitute, come se non sapessero quello che vogliono. Bisogna ascoltarle, partendo dal presupposto che sono soggetti con diritti e con capacità decisionali.

Includete anche lavoratori sessuali?

Elisa. Siamo specializzate riguardo donne bisessuali e trans. Lavoriamo anche con ragazzi, però in misura minore ed esistono collettivi più specializzati.

Alba. Le caratteristiche, le situazioni e la visibilità sono differenti, perciò noi ci siamo concentrate di più sul lavoro con donne cis[1] e transessuali, anche se collaboriamo con altre associazioni che sono specializzate in lavoratori del sesso (uomini).

Come si lavora contro la stigmatizzazione del sesso, portata avanti dalla visione egemonica etero-patriarcale della nostra società?

Alba. Lavoriamo in due sfere, da una parte rivolte verso l’esterno, dall’altra, all’interno del nostro collettivo. Per quanto riguarda l’apertura verso la società, le istituzioni e il movimento femminista cerchiamo di cancellare questo stigma attraverso varie strade. Una, esplicitando che esistono lavoratrici sessuali che esercitano il loro lavoro in maniera volontaria, distruggendo l’idea che tutte siano vittime e obbligate dalla mafia e dai protettori – visto che questo è tratta di esseri umani con fini di sfruttamento sessuale -, e, differenziandolo dalle persone che lavorano nell’ambito del sesso in maniera volontaria e che decidono di esercitarlo a modo proprio e senza coercizione, indipendentemente dalle circostanze che le portano a lavorare nell’ambito in cui lavorano.

In definitiva, si tratta di rompere con la concezione delle donne cattive e delle donne buone, il fatto è che le prostitute non sono traditrici del genere né tantomeno stanno facendo il gioco del patriarcato, per mezzo del loro lavoro; ma questo è un lavoro che loro scelgono di fare per una ragione X, è un lavoro che le aiuta a potenziarsi, che le aiuta ad uscire da situazioni da cui, con altri lavori, forse non riuscirebbero ad uscire, e che dà loro indipendenza economica. Ci sono donne a cui piace lavorare in questo campo e vogliono continuare, per questo, non bisogna stigmatizzarle né come vittime né come traditrici o streghe. Però, per inciso, è un lavoro, non un modo di essere! Che è come dire: perché mentre un’idraulica smette di esserlo quando finisce la sua giornata e torna a casa e una puttana è sempre una puttana?

Dalla superficie fino all’interno, quello che realizziamo è un lavoro diretto con le lavoratrici, nei posti in cui si esercita la prostituzione, così come nel nostro locale, nel centro di Madrid, dove vengono molte lavoratrici.

Che tematiche concrete trattate a Hetaira e a partire da Hetaira?

Alba. Lavoriamo su diverse tematiche come la salute sessuale, il potenziamento delle ragazze, le abilità sociali, la coesione e l’unità del gruppo per la rivendicazione dei diritti, l’intermediazione nei conflitti…

Formiamo anche le lavoratrici del sesso che vogliono rappresentare le loro colleghe attraverso i mezzi di comunicazione, nei documenti, nelle varie giornate eccetera. E hanno la necessità di sapere come si fa un’intervista, come esprimersi al meglio, per fare in modo che gli interventi non vengano manipolati o come tenere a bada il nervosismo.

Lavorate con l’altra parte implicata, i clienti?

Elisa. E’ molto difficile arrivare ai clienti, perché anche loro vivono una situazione di “condanna sociale”. Esistono molto pochi clienti che ci mettono la faccia e che dichiarano di contrattare servizi sessuali. Quello che facciamo sono campagne di sensibilizzazione sul rispetto del lavoro sessuale, perché sappiamo e teniamo in considerazione che, dalle istituzioni e dai settori abolizionisti provengono campagne di colpevolizzazione del cliente, dove le puttane sono le vittime e i clienti fanno ciò che vogliono con loro; questo è molto pericoloso perché i clienti sono un gruppo fortemente eterogeneo e vi si trova di tutto: inoltre, questo stereotipo del cliente dominante è smentito dalle prostitute; senza dubbio, questo ruolo sta nell’immaginario collettivo in maniera forte perché le campagne sono costruite per rafforzare questa immagine, oltre a rafforzare l’idea che si possa esercitare violenza sulle lavoratrici del sesso e che queste non meritino rispetto. Sempre si fomenta questo stigma.

Per esempio, il comune di Siviglia che attraverso una ordinanza multa il cliente, nella sua campagna contro la prostituzione, diceva qualcosa come “tanto poco valgono che devono pagare”, “la prostituzione include violenza, vessazioni, sottomissione”. E’ una pazzia dire questo, poiché il messaggio che si sta trasmettendo è “ fai quello che vuoi con le lavoratrici del sesso”, fomentando così la violenza. Il punto dev’essere quello opposto, bisogna fomentare il rispetto, un buon trattamento e la consapevolezza che il cliente sta avendo una relazione sessuale pagata, che è un contratto, nel quale la lavoratrice impone i suoi limiti e dove si stabilisce ciò che accadrà in questo servizio sessuale. Sono le lavoratrici che detengono il potere e l’obiettivo è che loro lavorino come vogliono, secondo le loro condizioni e i loro limiti.

I mezzi di comunicazione e la pubblicità influiscono su questa stimmatizzazione?

Elisa. Moltissimo, perché l’immagine che rimandano è pessima. Sempre vengono presentate come delle vittime e, di conseguenza, viene dato risalto al lato morboso della prostituzione.

prostitucic3b3nE in questo senso, cosa pensate degli annunci delle prostitute sulla stampa?

Alba. E’ un altro modo per pubblicizzare i loro servizi, ugualmente che in un blog, per esempio. E’ falsa l’idea che gli annunci vengano pubblicati dai protettori, ugualmente falsa l’idea che quelle che stanno per strada, si trovano dove si trovano perché sono sottoposte alla pressione di un pappone. Quindi, perché la polizia non interviene? Perché, se in via Montanera di Madrid, c’è un commissariato, la polizia non fa nulla? In realtà questo non è certo.

A questo si aggiunge, bisogna dirlo, che molti dei casi di sfruttamento che osserviamo, sono denunciati dai clienti: quando notano qualcosa di strano, credono che qualcosa non vada bene, sono loro stessi che ce lo comunicano, perché sono coloro i quali vivono più a stretto contatto con le prostitute.

Cosa comporterebbe la regolamentazione della prostituzione?

Alba. Da Hetaira non lottiamo per una regolamentazione basata su quello che si intende in altri paesi europei, che è un controllo da parte dello stato sulle lavoratrici del sesso, il cui beneficio è tutto nelle mani degli impresari dei club e dei governi. Noi scommettiamo su una normalizzazione del lavoro, con una legislazione che ponga al centro i diritti delle lavoratrici del sesso, per noi non ha importanza alcun tipo di legge.

E questo “non controllo da parte dello stato” non si potrebbe applicare a qualsiasi tipo di altro lavoro?

Elisa. Sicuramente, questo si potrebbe applicare a qualsiasi altro lavoro, l’importante è che sia stabilito uno statuto e dei diritti. E’ come se nel settore della muratura iniziassimo a controllare dove devono lavorare, che controlli sanitari devono essere fatti, però non possono sindacalizzarsi, né organizzarsi, né avere diritti; la normalizzazione presuppone diritti lavorativi e sociali, e non il controllo.

Alba. Così, per esempio, per esercitare la prostituzione devi affrontare alcuni controlli medici concordati, con tutta la stimmatizzazione sociale che questo implica per il personale medico che garantisce questi servizi, ma anche e soprattutto per essere una persona che vive in questa società: bisogna sensibilizzare tutte le persone, per mezzo dell’educazione, ad una conoscenza chiara della sessualità ed all’importanza di controlli regolari.

Elisa. In sintesi, stiamo dicendo che tutte le relazioni umane devono essere guidate dal rispetto e dalla libertà, tutte! Che siano commerciali o meno, dipende da un patto libero fra adulti.

Con quante donne lavorate all’interno di Hetaira?

Elisa. Non abbiamo dati ufficiali sul numero di prostitute, però quelle che di solito accogliamo a Hetaira sono più di un migliaio all’anno.

Rispetto a prima dell’attuale situazione economica di molte persone, è aumentato il numero delle prostitute?

Alba. Si, è aumentato tanto, sia fra i migranti che fra gli spagnoli, però non è un fenomeno così massivo come lo descrivono i mezzi di comunicazione. In molte avevano smesso e sono ritornate a fare questo lavoro, altre lo affiancano ad un altro lavoro, perché hanno bisogno di soldi. La crisi colpisce anche loro e così affiancano al lavoro sessuale, un altro lavoro.

In definitiva, esiste una varietà di situazioni molto ampia e non si può ridurre tutto all’idea fissa che si ha della prostituzione.

“Se regolarizziamo la prostituzione oggi, staremo favorendo le mafie, il traffico di persone ed i protettori”

(Ana Botella, sindaco di Madrid)

“La cosa più importante è combattere il traffico di donne per sfruttamento sessuale, quando riusciremo a sconfiggerlo, parleremo di filosofia”

(Elena Valenciano, Vicesegretaria generale del PSOE)

“La prostituzione dovrebbe legittimarsi come un altro lavoro e smettere di criminalizzare le donne che lavorano nel campo del sesso ”

(Carolina Hernández, lavoratrice sessuale e attivista di Hetaira)

“Non è un delitto prostituirsi, quello che è qualificato come delitto è il lavoro dei protettori, che è arricchirsi sulla prostituzione di terzi, ciò che lascia un vuoto legale alla prostituzione perché non la riconosce come attività”

(Elisa Arenas, , lavoratrice sessuale e attivista di Hetaira)

[1]Da Wikipedia: La cisessualità è, nell’ambito degli studi di genere (gender studies) e della sessuologia, la classe di identità di genere in cui esiste una concordanza tra l’identità di genere del singolo individuo e il comportamento o ruolo considerato appropriato per il proprio sesso.[1] L’individuo che presenta cisessualità è detto cisessuale (o, in inglese, cisgender). Secondo Calpernia Addams, cisgender è un neologismo che significa “qualcuno a proprio agio con il genere che gli è stato assegnato alla nascita”.[2] “Cisessuale” viene utilizzato in senso opposto a “transessuale”.

Questa condizione di concordanza coinvolge il piano biologico (i caratteri sessuali), l’identità personale (come la persona si sente) e il ruolo sociale (come gli altri la considerano). La definizione di cisessuale è quindi applicabile alla maggioranza degli individui.

Leggi anche:

Risorse:

—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex wokers: http://www.sexworkeurope.org

—>>>Tutti i post, le traduzioni, le news sul sex working su questo blog a partire dalla tag  Sex Workers

 

2 pensieri su “Le prostitute non sono traditrici del (proprio) genere e non stanno facendo il gioco del patriarcato”

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