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#25N: Care ragazze, non ascoltate le professioniste del vittimismo!

13164_10203891288257379_7530673430495546706_nPer questa giornata io, Angela Azzaro e Anna Paola Concia, abbiamo voluto mettere giù quel che pensiamo. Per raccontare la forza delle donne, contro le professioniste del vittimismo. Scritto a sei mani, eccovelo. Buona lettura!

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Care ragazze, non ascoltate le professioniste del vittimismo.

Care giovani donne, care amiche oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ne sentirete di tutti i colori, colori viranti perlopiù al grigio e al nero. Sarà una giornata in cui si offre uno spettacolo osceno a voyeur e feticisti del dolore. Noi speriamo che passi presto. Speriamo di sopravvivere alla condivisione superficiale, via social network e via tv, di immagini di donne picchiate, brutalizzate. È la rabbia il nostro sentimento prevalente, perché a postare quelle immagini terribili sono spesso donne forti e libere. Donne che inibiscono la crescita altrui insistendo sulla linea del terrorismo psicologico: invece che raccontarci come hanno fatto a liberarsi, a trovare spazio per la propria realizzazione, preferiscono puntare sul pianto e la commiserazione. Si tratta di una falsificazione della realtà a uso e consumo di un sistema mediatico che vuole descrivere la donna come vittima, come indifesa, come incapace di intendere e di volere. In questo modo non si vince la violenza, semmai la si amplifica, la si rende ancora più forte.

Ci chiediamo quindi a cosa serva tutto questo. Come si fa a tollerare un’esibizione perenne di donne maltrattate? Che genere di insegnamento si vuole dare alle ragazze? Dovranno guardarsi le spalle ogni momento?

Vorremmo spiegare che neppure alle vittime vere piacciono certe immagini diffuse come se fossero santini buoni per cumulare mille like. Sarà questo un buon metodo per raccattare consenso, perché il livido, il sensazionalismo, stimola corde emotive non indifferenti. Rappresentare le donne ammaccate, fragili, impotenti, passive, rassegnate, non regala forza a nessuna. È proponendo modelli positivi che regali forza alle ragazze. E’ sperando che i giornali possano raccontare mille Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana ad andare nello spazio, che si cambia qualcosa. Dando cioè spazio alla forza delle donne, ai loro successi, alla possibilità di realizzare ciò che si desidera.

Pensateci un attimo, alle tante speranze uccise, alle ambizioni messe da parte perché il senso comune inibisce ogni salto in avanti, toglie fiducia in se stesse e nelle proprie percezioni, grazie a queste signore che insistono nel dire che solo loro sanno quel che è bene per le altre. Pensiamo al fatto che le ragazze vengono chiamate a partecipare alle iniziative per il 25 novembre, a cura di donne adulte che mostrano una febbrile eccitazione e una nuova occasione per tornare protagoniste, come se si potesse mimare il passato, come se assumendo una posa maternalista si regalasse un’occasione alle più giovani.

Non è una questione d’età anagrafica ma mentale, perché siamo certe che ci siano donne adulte molto più evolute di alcune venticinquenni, ma la sensazione precisa che ricaviamo da quello che si muove attorno al 25 novembre è che diventa palcoscenico per voci che altrimenti non troverebbero più molto spazio. Inducendo un bisogno si ottiene consenso e ascolto ed è così che si portano le ragazze in piazza a fare balletti o a mimare lotte che somigliano solo vagamente a quelle di chi rivendica diritti e ottiene manganelli.

Quello che si mette in atto in quelle piazze è comunque qualcosa di perverso. Sono spettacoli che rassicurano il patriarcato, perché si mostra una incapacità di raccontarsi diverse. Diventa una recita conformista che non rompe alcuno schema. È la recita di donne che si muovono all’interno di una dicotomia rigida. Santa o puttana. Vittima o strega. Le fragili fanciulle consegnate ai salvatori, ai nuovi patriarchi, quelli buoni, per nulla diversi da quelli cattivi, e le streghe che non si dichiarano vittime e restano a testa alta a rivendicare le proprie scelte autodeterminate vengono consegnate agli inquisitori. Le donne che celebrano il 25 novembre spesso non si sganciano da una narrazione che è patriarcale.

Care ragazze dite no alle professioniste del vittimismo. Sono quelle che vi servono a colazione, pranzo e cena una retorica malsana che non fa altro che acuire il problema. Sono quelle che piegano l’immagine della donna al loro bisogno di vedersi consegnato lo scettro del potere attraverso la suggestione e la paura. Sono le stesse che mostrano alle vittime un’immagine di se stesse che non piace, perché è paralizzante, le inchioda al ruolo che invece vorrebbero mollare per procedere rapidamente verso altre mille e più serene vite. Sono quelle che non ci consentono di combattere la violenza nella maniera che sarebbe più ovvia e giusta. Puntando sulla forza e sulla soggettività delle donne.

Angela Azzaro
Anna Paola Concia
Eretica

—>>>Il post è stato pubblicato anche su Il Garantista

16 pensieri su “#25N: Care ragazze, non ascoltate le professioniste del vittimismo!”

  1. Care ragazze, un articolo intenso e forte, è vero quello che dite, perché oggi è stata un altra giornata di protagonismo, non vorrei che questo giorno si scambia come una festa x evadere, come l`8 marzo; ma un giorno per dar forza e coraggio a dire basta alla violenza e realizzare i sogni che ogni donna ha. L’uomo non può e non possiamo permettere di distruggerli.

  2. Sì ma attenzione: donne forti e libere… facile dirlo ma mica è così automatico quando ci si ritrova ad avere a che fare con un uomo violento! Già per una donna indipendente che per un motivo o per l’altro si trova preda di una cieca violenza patriarcale è difficilissimo uscirne, perché la violenza patriarcale che mira al controllo usa tutti i mezzi senza alcuna parsimonia: minacce, ricatti (utilizzando i figli, se necessario), percosse, umiliazioni…. E se ci si allontana lui si avvicinerà. E le istituzioni non sono lì pronte a proteggerti: raccolgono la denuncia, le denunce, fanno le indagini, attendono gli sviluppi…spesso fino a quando è troppo tardi! Pensiamo poi alle donne che non hanno possibilità di separarsi anche per motivi economici, perché senza lavoro, mezzi e riferimenti familiari. Le manifestazioni, le lotte, servono a far sì che le istituzioni e la società tutta prenda sul serio la violenza di genere, anche in ambito domestico, come reato da punire e subito. Che la vittima sia riconosciuta come tale non perché vogliamo sia considerata deboluccia e di serie b ma perché venga tutelata a dovere, e non considerata co-responsabile perché “l’ha scelto lei” , perché “non reagisce”. perché “non se ne va”, ecc… e intanto non la si aiuta ad avere alcuna condizione per fare dei passi in maniera decisa e sicura per sé ed i suoi cari. Come mai in caso di furto a nessuno verrebbe in mente di biasimare il derubato perché “non aveva un sistema d’allarme adeguato” , in caso di truffa nessuno direbbe “sì va beh, ma quello in fondo ci è cascato”… e così mille altri esempi… Mentre in caso di violenza di genere ci si concentra sulla vittima biasimandola per il suo comportamento e fornendo formule miracolose su quello che dovrebbe fare per evitare la violenza? Ma come si fa ad essere forti e libere ed evitare la violenza se le istituzioni non bloccano chi la sta commettendo e non tutelano la vittima? Assoldando uno più violento? Dileguandosi nel nulla? Se qualcuno ha la formula magica lo dica.

  3. leggo in ritardo il post, ma mi rendo conto che davvero, girando i programmi in tv, non c’era canale che non presentava altro se non storie di violenza, botte, insulti. storie che mi hanno messo i brividi, ma che mi hanno terrorizzata, nel senso che è come se avessi fatto mia una cosa che in realtà, grazie al cielo non ho mai provato e spero di non provare.

  4. Condivido l’analisi dal vostro punto di vista. Non sono contraria ad una giornata contro la violenza sulle donne (che i soliti geni originali definiscono come inutile “perché le donne vanno rispettate tutto l’anno”. Dai? Veramente? Giura!), ma che sia l’occasione per il riscatto di genere, e non un palcoscenico del degrado e della spettacolarizzazione della vittima. Brave.

  5. Secondo me, invece di dare contro al 25 novembre che, secondo me è un giorno necessario per sensibilizzare, far conoscere il problema, ecc. si sarebbe potuto scrivere direttamente cose utili. Per me, questa critica, così, è superficiale perché non aggiunge nulla se non “non fidatevi di certe donne”. Sarebbe stato meglio dare informazioni, supporto, senso di appartenenza e di vicinanza. Perché quelle che non parlano, non raccontano (tra le tipologie da voi criticate), sono quelle che danno un aiuto concreto, sono quelle donne che ne sono uscite di cui mi posso fidare, non di quelle che hanno studiato sui libri che se ne può uscire. E’ far capire quanto il problema riguardi TUTTE le donne di tutte le età, cultura e razza che è utile. Tutta questa critica non ha aggiunto nulla, secondo me. Almeno a me.
    Che sui social network (e in televisione) piaccia molto pubblicare l’orrore è cosa nota. Diversifichiamo invece di stare sempre a lamentarci, altrimenti non siamo molto diversi da chi lo fa.

    1. Sono d’accordo con te Marta, sembra anche a me un articolo scollegato dalla realtà delle cose. Che poi non è necessario che una persona abbia subito per stare dalla parte della vittima ma è fondamentale una decisa presa di posizione a suo favore da parte della società. Non biasimare, insinuare, sospettare ma dare supporto concreto. Chi cerca di uscire dalla violenza di genere non può farlo in solitudine ed ha bisogno di trovare nelle associazioni e nelle istituzioni persone che prendano sul serio la sua parola, la sostengano senza se e senza ma e si adoperino a seconda del loro ruolo.

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  8. Vittime!? Non si parla di questo ora! Ma si ricorda a tutte le donne che si leccano le ferite, le quali dietro uno schermo sono piccole, indifese e potrebbero prendere coraggio sapendo che qua fuori c’è qualcuno che le possa tutelare, che non solo a lei è capitato questo e che tante altre son uscite!

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