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#streetharassment: le mie 10 ore di passeggiata in città

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Ho voluto sperimentare, anche se non avevo una telecamera, e dunque tento di fare una sintesi di tutti i commenti che ho ricevuto. Qualche buongiorno e buonasera, alcuni giovani senegalesi che volevano vendermi ombrelli, calzini, accendi-gas e simili, poi ho incontrato i soliti due o tre ragazzi che vendono fiori all’angolo delle strade e la solita signora rom, che si dà il turno con il coniuge, alla fermata dell’autobus dove tenta di raccattare qualche moneta.

Proseguendo la giornata ho beccato un paio di parcheggiatori abusivi, un’altra signora che ha tentato di attirare la mia attenzione parlandomi della sua disperata maternità,. L’ho messa di fronte alla mia situazione precaria e credo mi abbia sfanculato nella sua lingua. Pazienza, ma giuro che non ho un soldo da prestare in nessuna direzione. Mi ferma poi un ragazzo che sta fuori dalle librerie e vende libri di una casa editrice che diffonde storie di stranieri. Gli dico che non ho soldo, ascolto la sua storia, mi dice che sono una bella signora e che mi augura tutto il bene del mondo, poi mi richiede di comprare qualcosa. Gli lascio una piccola moneta, di più non posso, perché mi piace che venda cultura. Vorrei poter comprare tutti i suoi libri, mannaggia alla povertà fetente.

Passo dal mercato e alcuni venditori tentano di attirare la mia attenzione. Quello che ha i cd musicali in copia illegale, poi c’è il venditore di borse, quello che vende occhiali e bijiotteria e un altro che vende stampe e poster che realizza lui stesso. All’angolo di un’altra strada trovo un tale che suona uno strumento. Mi dice “bella signora, mi lasci una monetina?”, io gli sorrido, accenno ad un passo di danza e continuo per la mia strada. Spero che non dovrà passare la nottata fuori. Ricordo che a Londra, a Camden Town, fuori dalla metro, c’era un tizio che chiedeva se volevi comprare ganja. Il tizio che suona mi ricorda vagamente quel ragazzo e anche quell’atmosfera. Città che incontri e richieste che trovi.

Continuo attraversando un altro mercatino. Trovo alcune persone che mi chiedono di fermarmi a considerare l’acquisto di qualcosa. Passo oltre, saluto distrattamente il fruttivendolo ricambiando un sorriso, mollo un allegro buongiorno al venditore di scarpe che mi chiede dove vado di bello, proseguo e vado verso la farmacia. All’esterno trovo una specie di hostess che mi dice che la mia carnagione è piuttosto secca e avrei bisogno di una crema che costa qualcosa tipo trenta euro. La ascolto per qualche minuto, mi faccio mollare un po’ di bustine dimostrative e poi le dico che per un eventuale acquisto ripasso, forse, ma proprio forse, il giorno seguente. Lei è soddisfatta della sua azione di marketing, mi fa un sacco di complimenti per i miei capelli, mi dice che volendo potrei provare quel tale prodotto per renderli ancora più lucenti, capisce che non è proprio il caso, mi regala un altro mini coso di non so che e mi saluta.

Poco più in là vedo delle guardie in divisa che tentano di osteggiare un’azione di protesta di alcuni lavoratori precari. Intravedo degli amici e qualche conoscente. Mi piazzo in mezzo a loro e mi faccio dare un passaggio fino a casa. Mi sento mooolto osservata, videocamerizzata, in culo la mia privacy, schedata dalla digos e reinterpretata perché frequento dei brutti anarchici che stanno sulle palle ai tutori dell’ordine. Ripenso alle molestie stradali. Come mi molestano le guardie, quando vogliono impedire la mia azione autodeterminata e vogliono controllare le mie scelte e le mie azioni, nel più totale rispetto del capitale e delle parti politiche neoliberiste, voi non potete neppure immaginarlo.

All’angolo di una strada vicina al quartiere in cui abito incontro il solito ragazzo che mi chiede se ho bisogno di un orologino a polso o di un bracciale di fili intrecciati. Sorrido anche a lui e vado a casa. Sento il telefono che squilla, ascolto le prime tre battute e immagino questa ragazza intenta a fare call center per due soldi. Non so se le devo sbattere il telefono in faccia o dimostrarle un minimo di solidarietà. Mi viene fuori qualcosa del tipo: senta, io sono solidale con lei, ma la prego, cancelli il mio numero dai vostri elenchi, lo faccia perché altrimenti mi rivolgo al garante della privacy. Un altro squillo è quello solito del primo pomeriggio, con la tizia che chiama di default tutti i numeri del giorno prima. Credo voglia vendermi una nuova offerta di robe satellitari. Dico che ho internet e la roba satellitare è una presa per il culo. Non mi serve. Vedo le cose in streaming. Poi chiama il tizio che mi vuole appioppare un altro contratto telefonico speciale, con un’offerta che comprende, perfino, le telefonate gratis a tutti i numeri, inclusi quelli verso utenti internazionali. Dico che non ci credo, mi sembra una cazzata e giusto io che ho ancora un telefono che di mestiere fa solo il telefono non ho bisogno di simili “opportunità”.

Stacco il telefono e mi dico che chi mi cerca può provare a chiamarmi al cellulare. Mi faccio un caffè, siedo un po’ stanca sul divano, accendo meccanicamente la tv e c’è un tale, con bionda sorridente accanto, che vende una doccia che pare un pezzo di grattacielo newyorkese. Nell’altro canale c’è la tizia che vende materassi realizzati con materiale progettato alla Nasa e nell’altro ancora c’è il set di pentole più premi vari. Bevo il caffè, spengo, vado in bagno, finalmente mi riesce di defecare e mi concedo un po’ di tempo in perfetta solitudine e avvolta dal più totale silenzio. Poggio il mio culo sul letto, rivolta verso la finestra per beccare un po’ di luce naturale, prendo un libro e mi metto a leggere. E’ Ubik di Philip K. Dick. C’è un tale che deve pagare una moneta per obbligare la sua porta di casa ad aprirsi e un’altra moneta per fare aprire il frigorifero. Alla fine di ogni capitolo c’è un messaggio promozionale. Sicché mi dico: K. Dick aveva previsto questo andazzo decenni fa. Quanto siamo scem* noi che oggi, invece che concentrarci sulla devastante azione, molesta, che invita al consumo, assimilando esempi massimi di povertà, obbligandoci al senso di colpa, creando conflitto sociale tra precari, anestetizziamo i nostri neuroni dicendo che il problema sono quei quattro coglioni che ti urlano “ehy bella” per strada. Con tutto il rispetto per chi riceve molestie serie mi chiedo: com’è che non c’è mai nulla di virale, che non usi il brand vittimizzante della donna, e che parli di economia, povertà, marginalizzazione, differenza di classe, razzismo, discriminazione, in senso economico, disagio e fame? Perché tante ragazze anestetizzate con azioni che parlano di tutela dei nostri fragili corpi invece che intente a lottare contro chi ti rende precari@?

A me piacerebbe semplicemente specificare che la molestia più grande che io ricevo arriva da chi crea frotte di precari che tentano una minima interazione umana, per le strade, senza avere altro argomento di contatto se non la compravendita di qualcosa. Mi piacerebbe che si parlasse del danno enorme, prodotto sui nostri corpi, che fa il capitale. Del danno che mi procurano le istituzioni quando legiferano su lavoro, reddito che non c’è, flessibilità e precarizzazione delle vite di ciascun@, legittimando i provvedimenti con pinkwashing a iosa e restituendomi un pat pat sulla spalla quando gli dico che per strada c’è il povero negro che osa dirmi che ho un bel culo. Del danno alla mia salute che mi procura ogni mortificazione ricevuta, ogni mancato riconoscimento, e tutte quelle merdate che derivano dal non lavoro o dal lavoro precario, tutta roba che ti rende dipendente, ti fa stare male, ti rovina la salute, ti porta alla depressione e qualche volta, per certun*, perfino al suicidio. Io non ho mai visto nessun@ suicidarsi perché uno, per strada, ha detto che hai un bel culo, invece ho letto e so di tanti che si sono suicidat* o hanno tentato il suicidio per la condizione precaria in cui vivevano o vivono ancora.

Da cosa mi sento molestata? Dallo Stato. Dalle istituzioni. Dai tutori. Da chi minaccia di sfrattarmi se non pago per un mese l’affitto. Da chi può togliermi acqua, luce e gas se non sono a posto con le bollette. Da chi può venire a pignorare i miei mobili (e che mobili!) se sgarro qualcosa. Da chi mi dice che nonostante la disoccupazione, la precarietà, la prole a carico, ho da mantenere un rapporto con il fisco, manco fossi una cazzo di milionaria. Mi sento molestata ogni volta che alzo il telefono e qualcuno mi chiede dei soldi che non ho e mi sento molto molestata quando vengo trattata con fastidio se ricordo a chiunque che il mio cazzo di problema non è il povero cristo, squallido, certo, che mi guarda il culo e butta lì un commento ma è il fatto che non ho futuro, che non ce l’ha neppure mia figlia, che non ce l’ha manco mia madre che non si sa se e quando beccherà una pensione.

Il mio problema è che alla mia età posso anche avere un culo, un viso, un capello, uno sguardo che attira un commento sessista, ma non ho una prospettiva ed è quella roba lì che, eventualmente, non mi fa dormire la notte. E’ quella la mia emergenza, inclusa la preoccupazione di lasciare a mia figlia un cazzo di esperienza, di contributo economico alla sua vita futura. Perché quando lei esce, tanto per dire, avendo più motivi di me di lamentarsi eventualmente di uomini che le fanno inviti sconci, lei non torna a casa dicendomi di quanto grave sia la situazione a proposito del sessismo per le strade, e non perché sottovaluti la questione, ma perché anche lei si è rotta le ovaie di vedere sempre e sempre e sempre archiviata, rinviata, la questione che le interessa di più. Reddito, lavoro che non c’è, sfruttamento in corso d’opera, e cose simili che non rendono certamente più felice e bella la sua giornata.

Ecco: la mia passeggiata di 10 ore in giro per il mondo si conclude con un vaffanculo. Vaffanculo a chi ritiene che un “ehi bella” comprometta la mia vita più che un licenziamento, lo jobs act o il piano casa a cura del governo attuale. Vaffanculo a chi pensa che la guerra va fatta tra generi invece che tra classi. Vaffanculo a chi tenta, sempre, di distrarmi dai miei problemi reali. E ora, vi prego, non dite che io sottovaluto le vostre esperienze. Semmai posso dirvi che con queste semplificazioni voi sottovalutate e sputate sulla mia esperienza?

—>>>QUI una parodia della passeggiata a New York

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6 pensieri su “#streetharassment: le mie 10 ore di passeggiata in città”

  1. Brava, sai anche io faccio tutti i giorni esperienze simili? Non ho mai camminato per dieci ore, basta una passeggiata in centro di un’ora per vedere qual è il vero problema delle nostre strade: mi fermano i venditori di rose bengalesi (dic ui sono amica) i ragazzi sengalesi che vendono braccialetti cinesi, i ragazzi italiaini che vogliono sapere qual è l’ultimo libro che ho letto e che forse per quelle interviste strappate davanti alla libreria di turno, non prenderanno che pochi euro, il signore italiano che ha scritto poesie in memoria della moglie morta e vuole che compri qualcuna per pochi spiccioli, il senzatetto che vuole soldi o qualcosa da mangiare e io gli compro una pizzetta perché ha la sclera degli occhi gialla e non voglio sentirmi in colpa se dopo con il mio euro compra del vino fatto con la polvere da sparo. La promoter (lavoro ingrato che ho fatto anche io) di cosmetici, e sì anche un ragazzo che mi ha fatto i complimenti e lui è l’unico che non mi ha dato fastidio, mi ha dato fastidio la povertà estrema e l’essere considerata quasi una privilegiata da queste persone costrette a mendicare, perché ho ancora un euro e cinquanta di cui poter fare a meno.

  2. In realtà qualsiasi gruppo anarchico che si occupa ogni minuto dei problemi che a te stanno più a cuore ha preso molto sul serio lo street harassement in cui le voglie sessuali o di potere di persone di ogni classe ti vengono spinte ripetutamente addosso. Senza minimamente ridurre altri problemi o invocare tutori dell’ordine.

    Al contrario quell* che hanno detto “ah ma vuoi mettere la violenza della polizia” sono pagine come copblock ( https://www.facebook.com/CopBlock?fref=ts ) e simili che dei problemi sociali fanno tutto un bel pappone e guai a parlargli di intersezione tra lotte.
    Come sempre è utile guardarsi intorno per capire cosa davvero succede, il video non è stato brandizzato e non è diventato virale in maniera aconflittuale, sarebbe bastato seguire i thread di commenti dei maggiori quotidiani italiani per rendersi conto che ancora troppi difendono certe concezioni della soggettività pericolose. E politicamente non stanno di sicuro più dal lato dei precari.

    1. se mi dai un link di una discussione in cui l’intersezionalità non è diventata pretesto per archiviare il razzismo e il classismo te ne sono grata. le discussioni di cui ho letto io invece andavano tutte nella direzione che io ho descritto e non mi sono piaciute affatto. gente che dichiara il razzismo non pervenuto o gente che ha immaginato di motivare le ronde fasciste in giro per le città per bastonare “i neri che molestano le donne”. che poi gli anarchici, libertari, siano preoccupati di mandare in galera la gente e di urlare all’emergenza su questo lo dici tu. i compagni e le compagne con cui parlo io non la pensano affatto così.

      ps: la gente che conosco io, compagni e compagne, che fanno lotte antiautoritarie e che ragionano di guardie e galere in senso libertario non c’entrano proprio con quelli che dici tu.

      1. Ecco due pagine che si sono occupate del video in quei giorni ben lontane da qualsiasi razzismo e/o classismo.
        https://www.facebook.com/anarchistmemes.org?fref=ts
        https://www.facebook.com/Exposingmensrightsactivism?fref=ts

        Personalmente ho seguito anche i thread di commenti sotto i link del fatto quotidiano e di internazionale su fb, puoi ritrovarli facilmente. Anche lì il conflitto era serio e sui problemi che il video solleva e non c’erano accenni di ronde contro i neri, emergenza da risolvere con più polizia o cose così.
        Ovviamente nessun anarchico/libertario si preoccupa di “mandare in galera gente e urlare all’emergenza”, dove avrei scritto una cosa del genere? Attenzione a non proiettare in bocca ad altri problemi che si sono riscontrati in altri momenti, come ad esempio quel video francese fittizio di qualche tempo fa. Io non la penso così e neppure ho riscontrato la sproporzione razzista/classista che tu denunci.

        Quelli “che dico io” sono una pagina americana in cui si è seguita l’onda del “la violenza della polizia è ben altra cosa” per fare riduzionismo anti-femminista. Mi sembrava importante linkarla proprio per sottolineare il rischio insito in qualsiasi tensione benaltrista. So bene che non c’entrano con le persone che conosci tu, per questo andava sottolineato.

        P.S. Se poi si vogliono fare le pulci al video in quanto case study impreciso che offre il fianco a mistificazioni certo si può, http://thesocietypages.org/socimages/2014/11/18/that-catcalling-video-research-methods-edition/
        Però se poi si vuole guardare alla risposta che c’è stata nel pubblico e a quali questioni ha sollevato mi sembra impreciso e da dimostrare che abbia portato ad una ondata di razzismo/classismo. In questo senso aspetto riferimenti.

  3. La battaglia tra il lavoro e il capitale è persa.. fortunatamente o sfortunamente, solo Bagnai sta cercando da qualche anno di rianimare il dibattito per questo tipo di lotta.. si guadagnano posizioni e si perdono, in poco tempo, in venti anni, in un secolo.. al momento il capitale non redistribuisce parte della ricchezze accumulate e l’elettrosalariogramma è piatto.. personalmente credo che andremo in contro a tensioni civili e internazionali che riporteranno indietro le lancette della SStoria.. avviene gradualmente e già sta avvenendo ogni giorno, come tutte le cose.. La finanza compra lavoro o soldi da ripiazzare se questi costano poco, al momento sta comprando e muovendo soldi perché il lavoro costa nelle aree industrializzate o post-ind. e così facendo il lavoro non è più remunerativo.. quando si saranno mangiati un bel po di reddito con la distruzione del reddito che è scontata nelle condizioni di cambio fisso (la più persistente dopo l’ultima guerra) in cui siamo in quanto area euro e repressione della domanda interna fisiologicamente allegata, e la contrazione dei consumi sarà tale da trainare giù anche i paesi “virtuosi”.. ci sarà da ricostruire, finanziare nuovamente i consumi e il prestito tra centro e periferia ricomincerà per un altro tot di tempo.. il debito privato estero funziona così.. se ti devo un euro il problema è mio.. se te ne devo 10.000 il problema è tuo.. finché ci facciamo finanziare il creditore avendo questo problemino non vorrà mai colmare quell’asimmetria del 15-25 % che ci separa tra paesi centrali e periferici: in italia tra nord e sud non siamo riusciti a risanare lo squilibrio “medio” del 17% in 160 anni..

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