Migrante, giovane, sex worker. Mi hanno detto che se raccontavo di essere vittima di sfruttamento mi avrebbero riservato un destino migliore. Vi dico come è andata per alcune di noi. Un paio sono state rimpatriate dopo essere state rinchiuse nei centri di identificazione ed espulsione. Un paio sono state accusate per favoreggiamento e falso o qualcosa del genere perché per stare in Italia avevano ottenuto un permesso di soggiorno tramite falsi contratti di lavoro. Io e un’altra siamo state toccate dalla dea fortuna e abbiamo avuto il “privilegio” di poter fare le colf o le badanti.
Quando abbiamo detto che la storia della tutela delle vittime di sfruttamento viene usata per espellere migranti nessuno ci ha creduto. Quando abbiamo raccontato che ci era stato perfino promesso un posto regolare in una associazione “umanitaria”, se avessimo dichiarato di essere sfruttate, nessuno ci ha creduto. Quando io ho detto che i contratti falsi ci sono necessari perché l’Italia ci obbliga alla clandestinità, grazie alle sue cattive leggi sull’immigrazione, nessuno mi ha ascoltato. Poi mi hanno detto che una donna migrante avrebbe potuto aspirare a qualcosa di meglio, un lavoro migliore, una vita fantastica, all’insegna del rispetto per se stessa, per il suo corpo, lontana da violenze e brutalità, più vicina alla santità.
Io e un’altra, allora, siamo state sistemate in famiglie magnanime che ci guardavano come fossimo cuccioli indifesi, quelli con i quali dapprincipio giochi e poi, quando sei stanco, cominci a dargli ordini. “Ho una ex prostituta come colf” sembrava essere il detto ricorrente tra signore benestanti, che con questa faccenda del recupero sociale delle puttane guadagnavano le tuttofare a poco prezzo. Sei contenta? Mi chiesero una volta, mentre strofinavo mobili e mi veniva offerta una bacinella piena di roba da stirare. Uhhh, contentissima. Più contenta di così si muore. Così, dopo un periodo di “rispettoso” lavoro in condizione di schiavitù legalizzata, quello in cui ti obbligano a compiere lavori di cura dopo averti detto che ti avrebbero salvata dal fare mestieri, tipo la prostituzione, riservati alle donne, decisi di tornare in clandestinità e di fare la sex worker. Peccato non poter regolarizzare il mio mestiere, perché solo permetterlo, evidentemente, consentirebbe a tante donne migranti di regolarizzare la propria presenza in nazioni che, se potessero, sputerebbero le persone migranti senza nessuna spiegazione.
Invece si nascondono dietro queste faccende umanitarie, tessendo tranelli attorno a donne che dovranno descriversi in quanto vittime, di tutto, fuorché delle istituzioni razziste e classiste. Si nascondono per remunerare l’industria del salvataggio che quasi coincide con l’industria che recupera corpi migranti alle frontiere dopo averne deportati altrettanti. C’è tanta di quell’ipocrisia in queste cose che non potete immaginare, ma la questione va così. Dicono che ti tirano fuori dai guai e ti trattano come merce avariata che va usata solo in talune circostanze o rimandata indietro per avvenuta scadenza. E io, convinta come sono, che tutti gli esseri umani dovrebbero avere eguali possibilità, mi chiedo davvero come mai le persone che dicono di difendere le donne non si siano rese conto di aver supportato tesi razziste ogni qual volta mi includono in programmi che parlano di abolizione della prostituzione.
Quella che va abolita è la schiavitù, in generale. Va abolito il badantaggio e la servitù coatta. Va abolito tutto ciò che non è libera scelta e vanno abolite le leggi sull’immigrazione che mi obbligano a fare cose che io non voglio. Ma abolire un mestiere che io ho scelto e che dovrebbe essere più facile gestire, solo se potessi farlo in maniera legale, è un vezzo perbenista e moralista di chi non accetta il fatto che io possa scegliere modi di utilizzo del mio corpo che non coincidono con il volere di questa società. Mi volevano con il grembiulino, bianco, parte di una divisa, bianca, a fare la servitù come in tempi di apartheid, presso famiglie di persone bianche. Io voglio guadagnare di più e voglio fare altro. Potreste, perciò, cambiare litania e verificare che la mia parola e i miei desideri siano rispettati?
Ps: è una storia (quasi) vera. Grazie a chi me l’ha raccontata e mi ha permesso di sintetizzarvela.
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Risorse:
—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex wokers: http://www.sexworkeurope.org
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Mi piacerebbe conoscere la fonte. Dubito esista
non posso svelarla. devo tutelare la sua privacy. 🙂
Mi aspettavo una risposta del genere. Seguirò ancora i tuoi articoli, ma ora ho seri dubbi sulla loro attendibilità. È solo politica.
come ti pare. io mi aspettavo una risposta come la tua. è quella di chi ha già deciso. le persone che parlano con me chiedono tutte tutela della privacy. se tu mi raccontassi la tua storia e mi chiedessi di descriverla per te poi vorresti che alla prima provocazione polemica io dessi in pasto il tuo nome? 🙂