[QUI traduzione e recensione della vignetta di Rosalarian]
Se io abitassi in Francia penso che a questo punto indosserei il velo, perché lo fanno apparire tanto trasgressivo, perché diventa una risposta agli autoritarismi di chi dice che per “salvarti” vuole vietarti le tue convinzioni, il tuo percorso, la tua scelta o quel che è. Non penso che tutte le donne che indossano il velo siano libere e lo stesso penso delle donne che quel velo non lo indossano. La libertà individuale si misura in altro modo e certo il mio grado di libertà non può prescriverlo la legge neppure se dice di farlo per il mio bene.
Però è vezzo francese o dei paesi neocolonialisti, anche un po’ autoritari e razzisti, se vogliamo, come succede nel nord europa, quello di pretendere la consegna del corpo delle donne allo Stato paternalista che, con il plauso delle femministe, dice di volerlo tutelare. Io trovo che le leggi promosse dalla Francia contro chi porta il velo, esattamente come quella abolizionista che pone un grave stigma sulle prostitute, siano di un autoritarismo senza eguali. Condite di islamofobia, razzismo, e quella presunzione nord/occidentale che trovi in tutte quelle persone che immaginano tu sia liberata soltanto se vieni assimilata dalla loro cultura.
In Francia, sempre per il suo bene, hanno pensato di licenziare, ovvero togliere un posto di lavoro, limitare l’autonomia, di una persona, una donna, che porta il velo. E questo per i francesi sarebbe “liberare” le donne musulmane. Il licenziamento è stato confermato dalle sentenze nonostante i ricorsi successivi e questa donna ora si trova senza lavoro per via di chi diceva di volerla aiutare.
Lo Stato autoritario perciò dice che tu ti devi fare liberare per forza e se non lo vuoi fare allora sarai punita, e io chiedo: secondo quale logica togliere il lavoro, il reddito, l’autonomia economica a una donna può aiutarla? Eccola lì la contraddizione grave di chi impone formule di salvataggio che in realtà nascondono ben altro. Quel che si combatte è una cultura, le persone che di quella cultura si fanno portatrici e anche immaginando che la Francia, da sempre razzista e assimilazionista, voglia prendere a pretesto le storie di salvataggi di donne velate o vittime di tratta per legittimare norme razziste, mi chiedo come non facciano a capire che così esasperano soltanto integralismi.
In ogni caso, ecco, si tratta di leggi razziste, segregazioniste, al pari di quelle che vietavano agli ebrei di insegnare nelle scuole, o come tante altre che impedivano a persone di lavorare per via del loro credo o delle loro convinzioni politiche. Questa era la Francia di Sarkozy e questa è la Francia del “socialista” Hollande. In entrambi i casi le donne sono usate per imporre autoritarismi.
C’è ancora qualcun@ che crede che queste nobili nazioni e nobili proposizioni, così sovradeterminanti e normative, dove non si tiene affatto conto del principio di autodeterminazione e dell’ascolto che è dovuto a chi non la pensa come te, siano utili alle donne?
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Sono assolutamente d’accordo con te: non si aiuta una donna che, grazie al lavoro, può avere un’autonomia economica, togliendole il lavoro. E ho pure riflettuto molto alla questione del velo, per giungere alla tua stessa conclusione. Se è vero che noi donne occidentali vediamo il velo come un mezzo di oppressione, dobbiamo renderci conto di due cose: di certo non è il peggiore e, purtroppo, obbligando le donne musulmane a toglierlo, rischiamo di confinarle in casa, con conseguenze ancor più gravi. Purtroppo stiamo arrivando a derive incredibili, nel nome dell’uguaglianza. Questa del velo è una discussione la cui argomentazione a favore può parere ovvia (ma non lo è), poi ci sono tutti i temi meno populisti. Certo, pare assurdo che a difendere il velo sia una donna istruita, che ha a cuore la situazione delle donne nel mondo. Ma il rispetto inizia proprio dal lasciare la libertà individuale o, perlomeno, scegliere il danno minore. Come altri paesi la Francia, dove vivo attualmente, è molto avanzata su certi temi, e ancora scivola sulla classica buccia su altri.
Sono perfettamente d’accordo con te: non è togliendo il lavoro a una donna che si partecipa alla sua liberazione. Ho riflettuto molto sulla questione del velo che, in Francia dove abito attualmente, non è certo nuova. E sono arrivata alla conclusione che obbligare a togliere il velo è ben peggio. In nome della liberazione delle donne si corre un rischio grandissimo, ovvero quello di vederle rimanere in casa, con conseguenze assai più gravi. Ovviamente l’argomentazione classica a favore dell’abolizione del velo non prende in considerazione queste conseguenze che sono purtroppo reali. Al punto in cui siamo arrivate noi occidentali coi costumi, nel nome della libertà individuale, non credo che siamo nella giusta posizione per giudicare le donne musulmane.
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di MANIFESTARE, isolatamente o in comune, e SIA IN PUBBLICO CHE IN PRIVATO, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.”
Sono atea, certamente non militante, e mi spaventa non poco il confine sottile tra laicità e ateismo di Stato. L’obbligo di togliere il velo non è diverso dall’obbligo di indossarlo: Francia e Iran, per prendere due esempi a caso, limitano la libertà personale in maniera speculare. Ma a noi in un caso sembra giusto nell’altro no. Cosa porti poi di concreto la sottrazione del salario a una donna a causa delle sue convinzioni religiose lo capiscono solo loro.