Avete presente shock economy? E’ un libro e un documentario che parlano della maniera in cui uno shock, un evento traumatico, difficile da accettare, lascia le persone in balìa di autoritarismi che possono incidere negativamente sul piano economico e sociale. Lo stesso avviene quando un evento di cronaca, un fatto molto violento, in special modo se riguarda i bambini, induce indignazione, coinvolge emotivamente. La principale reazione è la perdita di lucidità, come fosse un lifting che appiattisce le rughe mentali, quelle che ti sei guadagnat@ con la maturità e l’esperienza, e con quelle perdi la capacità di guardare laicamente alla complessità, perdi l’empatia, la visione d’insieme, la capacità di sintesi, la funzione associativa, e quel che resta è la rabbia cieca e una gran voglia di affidarsi a regole forti, autoritarismi, linciaggi collettivi, uomini forti, tutori che attenuino le fobie e risolvano il problema alla radice.
Ci sono eventi inspiegabili agli occhi della maggior parte della gente e ogni tentativo di razionalizzazione o intellettualizzazione del problema comunque, spesso, diventa funzionale a progetti che intendono cavalcare le paure in direzioni già prestabilite. Per esempio: un fatto del genere, come altri quest’anno ne sono già avvenuti, per mano di uomini e donne [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8], in maniera più o meno scioccante, può essere utilizzato per indurre paura in alcune precise direzioni. Un uomo ha compiuto questa orribile efferatezza, priva di qualunque giustificazione, e dunque tutti gli uomini potrebbero fare altrettanto. Un padre ha dato fuoco alla piccola bambina protagonista, suo malgrado, di una drammatizzazione mediatica che esalta il ruolo della madre ustionata nel tentativo di proteggerla, e perciò guai a immaginare che i figli possano restare al sicuro con i padri.
C’è chi poi ha una assoluta avversione in direzione dei padri che chiedono l’affido condiviso e dunque l’importante è raccontare che eccolo lì l’esempio di quel che potrebbero fare gli uomini se i figli fossero effettivamente affidati a loro. Il fatto che durante quest’anno alcune madri abbiano compiuto gesti altrettanto egoistici e violenti invece non viene assolutamente preso in considerazione. Le madri che uccidono sono assolte a prescindere perché perfino chi odia la psichiatria trova una motivazione psichiatrica per raccontare come una madre che uccide un figlio abbia sempre una giustificazione morale, come fosse lei stessa comunque vittima di un destino crudele, invece che raccontare come la cultura del possesso, a prescindere da chi la viva, adoperi, partecipi e veicoli, sia malsana di per se’.
I delitti compiuti in nome della cultura del possesso sono odiosi a prescindere da chi li compie. Odioso è il fatto che vengano valutati in termini gerarchici perché la nostra Italia da ventennio fascista comunque non riesce a rinunciare all’apologia del materno neppure quando è una madre a uccidere i propri figli. Ci sono delitti atroci che bisogna in ogni modo prevenire e per farlo bisogna considerare la questione senza che questi delitti siano utilizzati, da chiunque, per galvanizzare politiche discriminatorie e reazionarie. Alimentare la fobia nei confronti dei padri perché alcuni padri sono violenti, possessivi, nei confronti dei figli e della ex che viene molestata, maltrattata e abusata anche dopo la separazione, alimentare questa paura perché alcuni sono – senza usare eufemismi – dei gran pezzi di merda, non è giusto e non è giusto valutare le proposte legislative in direzione dell’affido condiviso sull’onda dell’emotività perché sappiamo bene questo a cosa porta.
Quando si votò quella che è la pessima e inutile legge sul femminicidio fu citata spesso una giovane vittima di un brutale, traumatico, femminicidio, quasi a richiamare con quell’orrore che riguardò una giovane donna, privata della vita e del futuro, il senso di una emergenza che non ti lascia alternativa e dunque serviva quella legge, il braccio di ferro, la repressione. Sapete bene che quella legge conteneva anche passaggi repressivi contro le piazze di dissenso e i movimenti e conteneva anche passaggi sovradeterminanti che non lasciavano alle donne il giusto tempo per assumere consapevolezza e scegliere liberamente come risolvere il proprio problema. E’ una legge monca di quel che riguarda la prevenzione e ancora oggi i centri antiviolenza, contrari per la maggior parte a quella legge, sono lì a chiedere conto del piano antiviolenza che è rimasto lettera morta.
Per ragionare sulle cose bisogna recuperare invece quelle rughe mentali, segno di esperienza e maturità, quei segni del tempo che ci fanno più grandi e meno propensi all’istintiva indignazione morale e alla facile accusa contro l’universo mondo. Serve considerare tutto quel che è giusto considerare senza perseguire facili e indignatissimi click e senza perdersi dietro un paio di troll misogini che stanno in rete e che certo non costituiscono né la maggior parte degli uomini né la maggior parte dei padri, inclusi quelli separati, che sono altrettanto indignati quando avvengono fatti come questo. Chi legge queste vicende in senso proiettivo e alimenta la fobia nei confronti dei padri sfruttando eventi tragici come questo va da se’ che per me non è il giusto e sereno interlocutore per ragionare di progetti futuri. Chi alimenta fobie nei confronti delle donne e delle madri sfruttando gli eventi che le riguardano va da se’ che non è il giusto interlocutore per progettare un futuro differente.
Chi brandisce brandelli di carne altrui e sfrutta l’onda emotiva causata da queste tragedie di precisa matrice sessista, lasciando intendere che per questa ragione le donne non potranno mai condividere il ruolo di cura con i padri, non fa che dare supporto a un progetto sociale che è anacronistico ed è altrettanto sessista, ovvero si muove entro lo stesso schema culturale che dice di combattere. E’ sessista perché pretende di raccontare che i figli dovranno restare sempre e solo con le madri e che i padri sono inaffidabili e dunque da discriminare in quanto padri richiedenti la condivisione dell’affido.
I genitori violenti, con una condanna sulle spalle, devono restare lontani dai figli e bisognerebbe pensare a progetti di recupero che li distolgano dall’oggetto della propria ossessione. Chi pensa che la soluzione sia la galera a vita o la pena di morte appartiene ad altra cultura assai diversa dalla mia. Sono persone securitariste, giustizialiste, in genere, che sfruttano questi tragici eventi per spostare a destra e in zone non garantiste le discussioni sulla violenza su donne e bambini. Riportiamo invece l’asse in una posizione ragionevole, per favore, per rispetto nei confronti delle vittime di violenza e per rispetto della nostra intelligenza. E’ difficile dire queste cose senza prendersi una grandinata di insulti ma fermiamoci a ragionare, non con i troll, con i quali c’è gioco facile per dimostrare quanto ‘sti uomini siano tutti mostri mostruosi, brutti, sporchi e cattivi, ma con le persone che restano anche in silenzio, a volte, o che parlano senza fare molto rumore, e non per questo condividono l’opinione di chi generalizza, di chi cerca solo dettagli per demonizzarli e li criminalizza senza neppure conoscerli…
—>>>Su Bollettino di Guerra potete trovare i delitti aventi bambini/e come vittime.