Se c’è un ruolo dal quale paternalisti e borghesi non hanno voglia di “salvarti” è quello della colf e della badante. Eppure esistono vere e proprie storie schiavitù in cui è chiaro il fatto che alle donne che svolgono certi compiti non viene per la maggior parte lasciata alcuna libertà di scelta. Al più si parla di “conciliazione” e se non vuoi conciliare alcunché bisogna che trasferisci la schiavitù ad altre donne, migranti, immaginando perfino di fare del bene. Le ragioni per cui accade tutto questo le conosciamo bene: il mondo si regge sui ruoli di cura a carico delle donne e la condivisione di questi ruoli anche con gli uomini trova le resistenze di conservatori/trici e seguaci delle correnti capitaliste che immaginano lo Stato suddiviso tra donne considerate come risorse che fanno risparmiare tanti soldi e che ammortizzano quei bisogni e uomini armati a produrre fuori per conto di imprese che comunque li sfruttano.
Allora vorrei dare il via a una serie di racconti di storie di schiavitù del badantaggio che nella mia terra abbondano.
Per dire: c’è Mariolina che è precaria e fa molta fatica a raccattare un lavoretto per rendersi indipendente. Ha due figli, fatti per scelta, però vorrebbe fare anche altro. Invece le tocca badare alla suocera perché il valore che sulla carne ha impresso è quello di riproduttrice e assistente per persone bisognose. E tutto ciò ovviamente è gratis, per la gloria, per ottenere l’amore del marito, della famiglia, perché quelli sono gli accordi per fare parte di quel clan.
C’è Rosalinda che è stata addestrata fin da piccola a fare la brava curatrice degli affetti familiari. Fai questo e quello, prendi di qua e di là, occupati del fratello, vai a sentire di che ha bisogno la nonna, e così si è trovata ad aiutare la madre nelle mansioni che ti tolgono tanta energia, tempo e discrete possibilità. Puoi anche fare finta che sia tutta poesia e che questo ti predisponga a godere di chissà quali grandi benefici in paradiso ma se siam femministe e sappiamo che le brave bambine vanno in paradiso e quelle cattive invece vanno dappertutto finisce che becchi legnate da mamma e papà perché invece che andare a fare la badante dalla nonna hai deciso, chissà perché, di giocare con le compagnette in strada.
Se c’è uno sfruttamento minorile legittimato è proprio quello della cura perché dei figli si può disporre come si vuole con apposita educazione differenziata per sessi. Le femmine a fare cose da femmine e i maschi a fare cose da maschi. Dicono che la natura vorrebbe così. Dicono.
Io stessa ne ho prese di sculacciate da bambina perché avevo la nonna buona e una che mi stava sulle ovaie. Da una andavo volentieri e dall’altra un poco meno. Puzzava d’aglio, faceva scorregge allucinanti e poi era sgarbata da fare schifo. Aveva probabilmente le sue ragioni ma una bambina non può capire e d’altro canto se devi stare lì a tagliuzzare i suoi alimenti per farglieli ingerire e poi devi ripulire il suo letto e i suoi vestiti della sua piscia non è che scorgi in quelle attività qualcosa di poetico. Le nonnine, ahimè, a volte sono questo e per quanto si voglia farcele piacere non sempre vengono vissute con armonia e amore.
C’era una mia vicina che aveva lo stesso problema: sua madre la mandava dalla suocera perché gli altri figli le avevano appioppato l’incarico. Come me, per aiutare la madre, aiutò nella cura fintanto che quelle persone anziane non morirono. Perciò assisti ai loro deliri, alla loro perdita di dignità, alla mortificazione, al cinismo talvolta crescente, a tutte le pantomime dei parenti e nel frattempo c’è poco da trovare spazio per leggere e scrivere, imparare, studiare e realizzare altre scelte nella vita.
Io sono stata fortunata perché lo studio a casa mia era una priorità. Prima venivano i compiti e poi il resto, ma il resto c’era così come c’è ancora ed era estremamente faticoso. La vita di una donna nel meridione, a meno che non hai ragioni più che valide per sottrarti a quel ruolo, malattie gravi, immigrazione obbligata, famiglie numerose, altre emergenze, figli disabili, è ipotecata in quella direzione. Non hai proprio scampo, prima o poi ti tocca. Ti tocca anche se in quella parentesi d’aria che ti è riservata tra la malattia e la morte dei nonni e l’anzianità dei genitori hai lavorato tanto, hai studiato, hai realizzato altro e in ogni caso poi torna quella imprescindibile priorità e devi fare quel che devi fare per prenderti cura della tua famiglia.
D’altronde qui da me le figlie femmine si facevano per questo: se non hai una femmina non sai se puoi confidare in una nuora amorevole e disponibile. Le nuore ti lasciano sempre col culo scoperto, diceva la vicina facendo una hit parade delle donne meritevoli di stima, ed è per questo che tra suocere e nuore spesso non corre buon sangue. La nuora osa prendersi il figlio maschio ma non è più come una volta, non assicura assistenza, non intende fare parte della famiglia, non può essere venduta al costo di un cammello e una buona dote alla famiglia del marito affinché diventi responsabile di doveri presso quella gente.
Con l’indisponibilità di queste figlie femmine viene fuori lo stigma: priziusa (fa la preziosa), allittirata (letterata), la laureata, e tutti i peggiori stigmi che lasciano intendere che una alfabetizzata in realtà sarebbe una grande snob e avrebbe perso il senso delle priorità. Poi trovi gente di centro destra che dice che le donne non bisognerebbe farle studiare, chissà come mai. Eppure ci sono alcune che – data la precarietà assoluta – invece che fare le badanti altrove a poco prezzo restano a casa, con i genitori, avendo assicurato vitto e alloggio ed elargendo disponibilità per quel che c’è bisogno.
E’ dura perché la mia amica, per esempio, si sente come una che chiede l’elemosina e ha 42 anni. Il padre le molla la paghetta su richiesta e quando le dà i soldi ancora le raccomanda di spenderli bene e di non fare l’irresponsabile. Ancora si ricorda della volta in cui lei, a 9 anni, prese dei soldi dal suo portafoglio, per andare a comprare dei dolci e le figurine di un cartone animato. Ed è questa la cosa che crea problemi e tensioni in quella casa: ancora pensano che lei abbia 9 anni e nessuno può convincerli del contrario. Vi sembra bello che a 42 anni una persona debba vivere in quelle condizioni?
Finisco qui la prima serie di storie di schiavitù del badantaggio. E e ne avete da raccontare ditemi: abbattoimuri@grrlz.net.
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