Ancora sullo sfarzoso matrimonio (al quale non vorrei mi invitassero mai) ecco una serie di esperienze prestate da amiche che a domanda così rispondono.
Tra quelle che si sono sottratte agli inviti e quelle che oramai non le invita più nessuno comunque c’è sempre chi racconta la costante pressione che si riceve da chi deve importi la visione dei bei traguardi dell’essere “donna”.
Fare cambiali e debiti per il corredo di nozze invece che per pagare la retta universitaria in certi posti pare la normalità. C’è chi denuncia le costrizioni del look. A parte “le amiche che in balìa di parenti si trasformano in macchiette di bianco vestite” poi corre il panico tra amici e parenti perché non sai mai quanto costa lo scherzo. Regali, addio al nubilato, pranzi e viaggi di nozze, le scarpe con il tacco che non possono mancare e quel fotografo che ti rompe le ovaie e che immortala ogni tuo singhiozzo. Grande stigma su quelle che non sposano e hanno già figli, su quelle che si sposano in comune e quelle che dopo un tot di inviti e pressioni da parte degli abitanti del quartiere non intendono comunque risultare gravide.
Si denuncia l’abuso da visita guidata alla teca con gli oggetti Swarosky o con i soprammobili della Thum. Poi c’è il tour guidato alla casa e perfino alla camera da letto sicché se vengono a casa tua si aspettano tu faccia lo stesso e devi correre a spolverare col pensiero e a nascondere mutande e vestiti che hai lasciato qui e là. Dopo il matrimonio c’è il filmino, di cui parla bene Evelin sul suo blog, che devi guardare anche se ti fa proprio schifo e durante il ricevimento invece c’è l’abitudine degli sposi di girare tra i tavoli per dare soddisfazione agli invitati mostrandosi magnanimi perfino con chi non ha portato sontuosi regali. C’è chi si sposa e arriva nel meridione da un’altra città. Da che viveva una situazione di serena relazione con il prossimo a che ti ritrovi a subire l’invadenza di creature subumane che pretendono di guardare anche dentro il tuo sgabuzzino. Dopodiché ci sono le matrone che si assicurano che il pargolo possa contare sulla tua cura e con ciò chiedono se sai stirare, lavare, cucinare le lasagne, che non sia mai che lo lasci denutrito, e se per caso lo vedono più secco del quintale e mezzo allora arrivano con pietanze e grande disponibilità ad “aiutare” la “sposina”. Se arrivi dal nord e giungi al sud potrebbe sembrarti di essere intrappolata in una bolla temporale ma non è così. Per alcune tu esisti solo in quanto moglie e la tua vita inizia e finisce nell’esercizio di precisi doveri a prescindere dal fatto che a tuo marito importi tutto ciò. Se poi ti fai la nomea di quella che regge le tendine con i chiodini e che fa sparecchiare l’uomo allora capita pure che non puoi toccare un oggetto in casa d’altri perché temono che tu, maldestra, possa romperlo.
Può capitarti anche di ricevere un invito al battesimo con l’immagine morfologica (l’ecografia) del bimbo e lì ti chiedi in che razza di pezzo di mondo sei capitata.
Approfondisco poi la parte di cui parla Evelin perché mi toglie le parole di bocca e certe cose le dice in una maniera irripetibile:
A Palermo l’economia gira poco e i matrimoni sono tra i pochi eventi che fanno aumentare il Pil. Tantissimi ogni giorno. Quando cammini non puoi fare a meno di vedere gli sposi che saltellano, si inseguono, passeggiano con tanto di fotografo appresso e tutta la città pare un palcoscenico per quelli i filmini di cui parla Evelin. I matrimoni si fanno spesso in chiesa, non solo il primo ma anche gli anni a venire per ripetere la promessa. Gente che fa il mutuo in banca, la sposa che si sottopone a trattamenti estetici interminabili per diventare letteralmente un’altra persona che giammai incontrerai mai più conciata in quel modo. “I capelli, per un anno almeno, non si devono accorciare, per permettere poi l’effettuarsi di acconciature arrotolate o boccolute. E poi le diete estreme per stringersi in corpetti rigidi coperti di macramè che un mese dopo sono solo un lontano ricordo insieme ai lunghi boccoli (quasi tutte le sposine, non so perchè, tagliano radicalmente i capelli subito dopo il matrimonio).”
Tra torture alle spose e abiti curiosi degli sposi, si finisce tutti a fare la fila nelle chiese più belle della città. Chiese affittate dai preti a prezzi super salati con una lista d’attesa lunga un chilometro. Poi c’è la sala ricevimento: “sale grandi addobbate in stile barocco un po’ kitch, con colonnine neoclassiche e grandi quadri che rappresentavano fontane o cascate. Gli sposi (…) posizionati su un tavolo rialzato con spesso una grossa conchiglia alle spalle, tra una portata e l’altra ci si lanciava in danze appassionate. Negli anni a seguire divennero di moda le grandi ville gattopardesche che perdendo la loro identità vennero tutte trasformate in sale per matrimoni. Fu “abolita” ogni danza perchè ritenuta “tascia” (poco fine), e dopo i tanti milioni spesi per menù avanguardistici creati da grandi chef, gli ospiti a fine serata andavano a mangiarsi un panino con la milza perchè dicevano “sugnu riunu, ma chi manciammu? un si capiu nienti” (sono digiuno, ma che cosa abbiamo mangiato? Non s’è capito niente di quello che ci hanno propinato). Una moda degli ultimi tempi è l’agriturismo, che fa sentire più “radical chic” e poi gli ospiti possono abbuffarsi con pietanze più comprensibili.”
Poi c’è, per l’appunto, il filmino del matrimonio.
Scrive Evelin: “Un tempo il filmino era una sorta di documentario dell’evento. Ora è un vero film. Insomma se prima il filmino era funzionale al matrimonio, ora è il matrimonio ad essere funzionale al filmino. Il “fotografo” con velleità da regista dirige tutti come fossero attori. E anche gli sposi entrano in quel ruolo. Forse perché non hanno la forza per ribellarsi o forse perché tutti sognano prima o poi di sfondare nel mondo dello spettacolo, si comportano come attori navigati degni del premio oscar. Sorrisi e sguardi “alla beautiful”, pose da copertina glamour, disinvoltura incredibile. Il fotografo decide come devono muoversi, cosa fare, dove guardare, non si muove una foglia senza il suo consenso. Gli sposi a quel punto, come fossero al “grande fratello” sono disposti a tutto, corrono, si inseguono, lui prende in braccio lei, fanno l’altalena, anche le più timide mostrano la giarrettiera, si baciano a comando, rincorrono i parenti, urlano, ridono, fanno tutto ciò che la fantasia dell’ “aspirante Spielberg” del momento gli comanda. Ho visto scene di sposini seduti sul tetto della macchina in movimento, corsette con abbracci finali e salti degni di “ballando con le stelle” ripetuti più e più volte finchè non “riuscivano bene”.”
Poi c’è la moda delle ultime pose da immortalare la sera quando gli sposi sono stanchi e si posizionano in maniera improbabile davanti ai più bei monumenti della città.
“Il risultato finale è un vero e proprio film che dura circa un’ora e mezza, con musiche melodiche standardizzate, dove si vede di tutto tranne il matrimonio. Tutti coloro che li guardano fingono grande entusiasmo, ma hanno preso almeno cinque caffè per reggere la situazione.”
“A fine evento le famiglie hanno speso un vero capitale, per le Chiese degli avidi preti, per le ville e il cibo, per parrrucchieri, estetisti, dietologi, abiti di gran classe, gioielli etc. Per noleggio auto, addobbi floreali, foto e video, confetti e bomboniere, alberghi e crociere di nozze.”
Siccome i soldi non crescono sugli alberi e la precarietà tocca più o meno a quasi tutt*, davvero vorrei capire quali sono le priorità di chi ti impone uno schema del genere. Non giudico ma è piuttosto uno schema che ci viene imposto. Se tu non sei come loro ti guardano con supponenza e ti dicono che non sei nessuno. A ciò si aggiungano tutte le osservazioni che devi sorbirti nel caso in cui disgraziatamente fai un figlio e non resti fedele alle tradizioni.
Capite perciò quanto sia necessario rifiutare queste norme e riscrivere un nuovo manifesto femminista? 🙂
Di tutto ciò possiamo fare a meno. Io voglio altro. Vogliamo altro. E che nessun@ dica poi che un pizzico di femminismo anticapitalista dalle nostre parti non è necessario.
Buona serata a tutt*!
—>>>Di Evelin vi suggerisco di leggere anche i post sulla donna a Palermo, la fuitina e l’attribuzione di nomi ai figli.
Leggi anche:
Non invitarmi al tuo sfarzoso matrimonio (manifesto femminista)