Comunicazione, Eretica, Storie

Su L’Utero e il Dilettevole le storie di #MammaPrecaria

Dlin dlon. Annunciazione. Si ricomincia con le storie di #MammaPrecaria su L’Utero e il Dilettevole, per LeNuoveMamme.it e con le fantastiche illustrazioni di Paola Bianconi. Quello che io faccio è scrivere la storia. Seguitemi e intanto ricondivido anche qui l’ultimo post. Il resto lo scoprirete di là. Buona lettura! 🙂

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#MammaPrecaria: una del popolo (che non te la dà)

L’ufficio è in una zona centrale di Palermo. Attorno trovi chioschi che offrono fast food a base di pietanze unte e saporite. La pausa pranzo fatta con pane e panelle non è certamente tra le più dietetiche ma chissenefotte. C’è un tizio che rappresenta la fetta d’umanità che pare la più umana dei dintorni e compro lì la mia dose di grasso quotidiano per farmi dire storie e domande che indagano sulla mia vita che al venditore non deve essere indifferente. Per lui sono di un altro mondo, sono una assignurata che veste con poco ma elegantemente e ha nei miei confronti la stessa dose di ossequiosa reverenzialità che si ha per il burocrate dal quale ti aspetti prima o poi un favore.

Chissà perché si pensa che a parlare decentemente l’italiano, varcare la soglia di un ufficio, da queste parti diventi stabilmente stipendiata. Nulla di più falso. Forse era così in altri tempi ma ora l’ufficio, i lavori di concetto, la svendita di intelligenza per un datore di lavoro, equivale a qualunque altro lavoro precario e tuttavia sopravvive, nell’immaginario collettivo, l’idea che tu sia un po’ più in alto nella gerarchia sociale. Tu sei quella a cui si può chiedere un favore perciò ossequi, inchini, e tante belle cose.

Oggi ho detto al tizio che io non conto niente. Possono buttarmi fuori quando vogliono e guadagno di più con le mie sere di camerierato che con lo sfruttamento di intelletto in quell’ufficio. Di giorno ho attorno gente che finge d’essere quella che non è, si danno arie, come direbbe il pane panellaro, e invece io non sono così ma non appena dico che come altro lavoro faccio la cameriera lui afferma che sono una del popolo ma come conseguenza il suo atteggiamento più o meno cambia.

Da un lato mi tratta con più familiarità e dall’altro viene meno il suo rispetto. O meglio, quel che credevo fosse rispetto in realtà risulta essere quel minimo di timore e condiscendenza nei confronti di chi si pensa conti un po’ di più. Ha colto il fatto che con me non c’è trippa per gatti, non c’esce niente, non posso fargli favori, non potrò sistemargli i figli né potrò garantirgli una corsia preferenziale in nessun luogo che non sia, forse, un buon tavolo al ristorante pizzeria dove la sera vado a lavorare.

Così scopro, per l’ennesima volta, che il valore di una persona da queste parti si qualifica per le clientele che racimoli. In più, dato che smetto d’essere una presunta donna con in mano qualche minimo potere, divento solo femmina e lui si prende libertà e dice cose che prima non avrebbe osato dire. Allora ho imparato che “sei una del popolo” significa che lui smette di guardarmi come una creatura irraggiungibile e pensa io sia alla sua portata, ovvero disponibile. Non gli passa proprio per la testa che potrebbe non piacermi e che essere povera non mi fa meno snob nei gusti.

Per snob intendo che mi trovo nella circostanza strana per cui ho difficoltà a interagire con uno che parla poco l’italiano, ha la rozzezza del borgataro tascio e quel che esce dalla sua bocca, quando si prende delle confidenze, è decisamente volgare. Uno così, mi spiace, ma se gli mostro anche una coscia di troppo domani mi chiamerà puttana e non mi avrà neanche pagata. Uno così, se poi lo guardo con gli occhi puliti di mia figlia, mi sembra totalmente inadeguato anche per farci una scopata.

Perciò ho imparato oggi due cose: posso anche essere povera ma non la do a uno che mi ha interrotto tutta la poesia e l’illusione che tra poveri possa esserci perennemente feeling. E poi ho scoperto che l’unica ragione per cui alcuni uomini, così come alcune donne, ti considerano persona è perché da te si aspettano qualcosa. Se tu non conti niente diventi oggetto. Da usare. Perfino come pisciatoio.

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