Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

#Yamamay, #Zanardo, campagne antiviolenza

Grazie a questo post della Lipperini arrivo ad un post della Zanardo che mi lascia veramente basita. Se la prende con un post che io condivido molto, avendo scritto anch’io sulla campagna Yamamay e avendone tratto pressappoco le stesse conclusioni.

Lorella Zanardo insiste in particolare su un punto, che è poi lo stesso sul quale ci confrontammo molti mesi, oramai, fa, avendo parere totalmente opposto. Fu quando c’era da decidere se era da giudicare una gran cosa partecipare ai mega appelli di Se Non Ora Quando che andava distribuendo magliette in rosa, griffate Snoq, per diffondere il termine femminicidio, facendole indossare a testimonial di ogni tipo, incluso qualche calciatore sessista, omofobo, razzista e fascista. Si disse allora che la questione del fare diventare un #brand mediaticamente appetibile una denuncia sociale, significava svuotarla di contenuto, restituirla in pezzi alla cultura nazional/popolare, farla diventare una bella pappa proto/fascista sulla quale si potevano accomodare tutte quante, fasciste incluse, al punto che quel brand è diventato lo strumento attraverso il quale alcune politicanti hanno fatto campagna elettorale, sulla pelle delle donne uccise, e sul quale altre si sono riciclate come rispettose dei diritti umani anche se sono omofobe, fasciste, totalmente in opposizione a tutto quello che riguarda la autodeterminazione delle donne.

Quando Zanardo parla del fatto che va bene qualunque cosa pur di innalzare la consapevolezza rispetto ad un problema mi chiedo dunque di che consapevolezza stia parlando. A me interessa, per esempio, che le ragazze, le donne, le persone tutte, abbiano gli strumenti per distinguere e capire e quel che Snoq ha fatto non ha offerto strumenti ad altri che al brand stesso, utilizzando la storia del femminicidio non per le donne ma per sostenere governi, partiti, situazioni altre delle quali alle vittime di violenza non importa assolutamente niente.

Dunque la storia si ripropone perché quando si brandizza un fenomeno, infine, diventa il mezzo attraverso il quale sia possibile vendere un prodotto. La violenza sulle donne è tema che serve a fare audience nelle trasmissioni trash della tv di cui Zanardo conosce tutto e il contrario di tutto per averle analizzate a menadito. E’ tema che serve a realizzare accessi sui siti delle testate giornalistiche online. E’ tema che indigna e più sangue c’è e più indigna, salvo non si tratti di una prostituta, una trans, qualcun@ che non risponde allo standard della vittima appetibile ai media, giovane, senza trucco, carina e con un futuro di utero mancato al servizio di riproduzione, cura e della amata patria.

Che l’azienda che promuove la campagna sappia nulla della questione – e dire che con i soldi che ha almeno una ricerca sulla comunicazione un tantino più adeguata poteva farla – lo dimostra il fatto che non fa altro che ricalcare gli stereotipi a lungo già decostruiti, criticati, ribaltati, sovvertiti da tante attiviste, militanti, studiose, ricercatrici, femministe che si occupano di comunicazione e violenza.

Alle obiezioni poste molto seriamente dalle attiviste la Zanardo risponde in un modo secondo me assolutamente non condivisibile. Non si può banalizzare così una critica ai modelli di comunicazione sulla materia né si può ignorare il fatto che se anche intendi innalzare il livello di consapevolezza sulla maniera in cui una donna viene resa oggetto di violenza non puoi non renderti conto che il business mercifica tutto e ti trasforma in oggetto anche quando parla di te in quanto vittima. Oggetto e non Soggetto. E questo è il punto fondamentale della questione, perché di saccheggio e mercificazione delle lotte delle donne, delle  donne stesse, delle vittime di violenza si tratta. Un po’ come quando fai campagna contro il cancro e nel frattempo vendi cosmetici sulla pelle delle donne che quel cancro ce l’hanno per davvero.

L’ultima cosa che voglio dire, giacché la frase mi ha veramente colpito, è il fatto che si definisca Repubblica un giornale di sinistra. Lo stesso giornale che ultimamente pubblica note contro i/le #NoTav e che ha lasciato dire dalle sue pagine che Marta, donna NoTav che ha denunciato di aver subito una violenza dalle forze dell’ordine, sarebbe una bugiarda.

A Repubblica, personalmente, faccio le pulci tanto quanto agli altri grandi quotidiani che brandizzano il fenomeno della violenza sulle donne per orientare l’opinione di chi legge in certe direzioni e quelle verso le quali orienta Repubblica, ne sono più che certa, sono tutto meno che di sinistra.

—>>>Ecco, questo è quanto avevo scritto io, se vi va di leggerlo o rileggerlo: #Yamamay e la campagna contro la violenza sulle donne.

14 pensieri su “#Yamamay, #Zanardo, campagne antiviolenza”

  1. Riporto qui, di seguito, una parte commento che ho lasciato sul blog di Zanardo: « Per il resto: A) vorrei fossimo per un mese la Norvegia: i nostri discorsi e sforzi verrebbero (forse?) recepiti meglio e prima, invece che additati al solito come «afflati “femministaioli” militanti» (cit. A. Scanzi qui: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/29/sel-fa-opposizione-o-no/670861/).
    B) nel paese del “belle tette, bel culo”, probabilmente pretendere – da un brand come Yamamay che commercializza intimo – una rivoluzione dei costumi e degli stereotipi, è davvero troppo. Però chiedere qualcosa in più, sì.
    (…)impariamo a pretendere nei luoghi che contano e dalle persone che per prime dovrebbero dare l’esempio e prodigarsi su questi temi. Alias, gli “intellettuali” ed i giornalisti di questo paese. Tanto per fare une esempio. Domando seriamente; chi ci insulta, davvero?»
    Stiamo, qui, a fare le pulci a Yamamay, e mi sta bene; se è la strumentalizzazione del tema della violenza che ci sta a cuore. O l’immagine della donna perennemente vittima (o in alternativa subalterna e muta) ciò cui ostentiamo contrarietà. Ma a mio avviso qua si rischia il solito vespaio di chi dice sì, chi no a qualcosa che interessa sempre noi, solite donne attiviste. NON LA POLITICA. NON L’INFORMAZIONE (con le dovute eccezioni).

    Molti studiosi, e intellettuali, e giornalisti continuano a declinare gli accadimenti turpi di cronaca che coinvolgono le donne, con parole inadeguate. Eppure sono professionisti della cultura e dell’informazione. Fanno informazione. Sartori è uscito con un editoriale veramente triste, qualche giorno fa, dalle colonne del corrieredellasera; dando dell’incompetente alla Keynge e della raccomandata alla Boldrini. Ma noi stiamo zitte. Ci hanno scaricato la Ministra alle Pari Opportunità, eclissato un ministero fondamentale in questo momento sociale e politico. Tutte zitte, noi. Sono incazzatissima a riguardo. Non voglio confondere i piani della discussione, davvero, ma invece di chiederci “a che punto siamo?”, dopo mesi di governo ed una campagna elettorale in cui molte promesse sn state fatte e responsabilità assunte, soprattutto nei confronti delle donne, siamo qui – ancora – a farci il pelo fra noi: cosa ha detto Lipperini piuttosto che Zanardo. Domani saranno altri i nomi, magari. Su cosa? Una campagna pubblicitaria. A cosa serve?, A chi?, se non a Yamamay. Se la campagna ci lede, allora denunciamolo allo IAP. O scriviamo apertamente al brand. Sposo buona parte di quel che ha scritto AnnaMaria Testa sull’argomento su nuovoeutile. Ma continuo a chiedermi, che senso abbia tutto questo.

    PS: Ho proposto, tramite il blog di Zanardo che il brand si assuma coerentemente un impegno in tal senso e destini una parte dei proventi della campagna ai centri antiviolenza. Possiamo chiedere questo, insieme?

    1. in genere non mi sostituisco ai soggetti. mi ci relaziono. bisogna chiederlo ai centri antiviolenza se accettano contributi da quel tipo di fonti. direi che quella richiesta dovrebbe arrivare da loro. ma mercificare il loro lavoro sarebbe buono e utile? saremmo alla privatizzazione della lotta contro la violenza sulle donne, infine. in quanto a Kyenge e agli insulti che le rivolgono qui se ne parla eccome. Antirazziste sempre. 🙂

    1. oibo’ Lorella. menomale. per un attimo avevo davvero pensato che fossi convinta che repubblica fosse di sinistra. 😛
      prendersela, avviare un dibattito, in un rapporto di visibilità comunque impari, il punto è che secondo me c’è un errore di valutazione nella tua analisi. te lo dico con grande rispetto. che dibattito sia, ovviamente. partecipo anch’io. 🙂

  2. Io credo che parlare ai “convertiti” non serva a nulla, credo che parlare di violenza di genere, ma soprattutto della cultura che sta dietro alla violenza sia importante ed è importante farlo ovunque. Detto questo a me non piace la pubblicità di Yamamay, perchè vuole solo riprodurre uno stereotipo per vendere. Abbiamo appunto fatto un bel concorso nelle scuole a Firenze per riconoscere gli stereotipi e per far fare delle pubblicità agli studenti dove non siano riprodotti e sarei solo felice se le aziende smettessero di riprodurre stereotipi nelle pubblicità. Ecco Yamamay prende lo stereotipo, anzi il doppio stereotipo, e lo riproduce, donna tumefatta e uomo bastardo, il copione è servito. Poi nonostante non mi entusiasmasse lo slogan della campagna di SNOQ MAI PIU’ COMPLICI, credo che fosse del tutto diverso il senso, vedere un calciatore con la scritta al collo MAI PIU’ COMPLICE è diverso, innanzitutto non voleva vendere nulla, faceva solo riflettere, anche se forse non è servita a molto, ma “il mare è fatto di gocce!”

    1. Lea, perdonami, ma se questa è la goccia non ho davvero capito di che liquido parliamo. In quanto a quell’appello, a parte tutta una serie di altre cose che potrei dire sui suoi contenuti, quel che ricordo fu il grande scivolone con la citazione di una cifra di delitti gonfiata per eccesso, includendo donne e bambini, vittime collaterali, tra i femminicidi. Per non parlare poi del fatto che veniva citato il 13 febbraio come momento prima del quale le lotte delle donne sembrerebbero non essere mai esistite. 🙂

      1. Io su questo tema sono molto “laica”, va bene anche il calciatore come testimonial, anzi è quasi meglio, proprio perchè lui è seguito da ragazzi che noi con tutto l’impegno che ci possiamo mettere non raggiungeremo mai. Certo è una mia idea, ma a me davvero di stare fra poche a parlare di violenza sulle donne proprio non mi interessa, magari anche a farci le pulci sui termini utilizzati. Sulla autoreferenzialità dei messaggi di SNOQ ho spesso discusso con le mie amiche e compagne di viaggio SNOQ, anche a me non piace, ma forse un piccolo merito possiamo darlo a questo movimento, ora tutti parlano di violenza ma due anni fa non era così. Lasciamo stare il 13 febbraio, ma dopo l’uccisione di Stefania Noce, quando in tutta Italia si scese in piazza e, dopo, quando fu lanciata la campagna contro la violenza da SNOQ, la violenza sulle donne in quel momento non era un tema che interessava all’opinione pubblica, lo è diventato dopo. Un ultima cosa, sbagliati che fossero i dati, non me lo ricordo, posso dirti che i centri antiviolenza, almeno quelli con i quali ho a che fare io sul territorio, vorrebbero che fossero conteggiati nei femminicidi anche i bambini uccisi dai padri per colpire la madre, insomma non sono donne uccise perchè donne, ma bambini uccisi perchè figli delle loro donne, fa sempre parte della stessa matrice, il possesso sulla donna. Le donne in lotta sono sempre esistite e temo che esisteranno ancora a lungo, penso anche che le forme di lotta siano diverse fra loro, ma tutte utili.

        1. Direi che siamo su due pianeti opposti. immagino dunque tu sia molto felice per la nomina della Rauti come referente per la violenza di genere al ministero per l’interno.
          Immagino anche che sia inutile dirti che prima di Snoq c’erano fior di collettivi e gruppi di donne che hanno fatto tantissimo affinché si parlasse del problema e quel che è arrivato sui media con voi è stato svuotato di contenuti etc etc come dico nel post. un gran regresso, a mio avviso. Snoq ha saccheggiato contenuti già presenti, lo ha fatto in malo modo, ha legittimato sul campo chi con la questione della violenza sulle donne ha proposto/imposto un modello rispondente a ideologie neoliberiste e di destra, da un lato una firma ad una bella convenzione e dall’altra una riforma che segava lo stato sociale per chiunque, donne in testa, da un lato una iniziativa in piazza contro la violenza sulle donne e dall’altra una firma su un ddl che consegnava i consultori ai movimenti pro/life e una bella adesione alla marcia per la vita.
          per non parlare di quelle che da un lato parlano di violenza sulle donne e poi non proferiscono parola se l’autodeterminazione delle donne viene offesa in piazza a suon di manganelli.
          ricordo la brutta storia della separazione tra donne perbene e donne permale, la totale assenza di discorso pubblico su prostitute e trans uccise, su migranti rinchiuse nei Cie e leggi razziste, e molte altre cose che certamente sono mancate in quanto che Snoq e persone accanto a Snoq non hanno fatto altro che spostare il discorso a destra perché fosse approcciabile giusto da chi è di destra, includendo paternalismo e patriarcati vari che a suon di proposte di legge con aggravanti varie, securitarismi e giustizialismi spinti, glissano sulla prevenzione e ci restituiscono esattamente quello che la faccenda di fatto è diventata: un brand. Un brand utile anche per aziende che mercificano le donne quando sono morte. Bel lavoro davvero. Un gran bel bilancio il vostro. E stiamo ancora a discuterne?
          per me valgono un paio di cose fondamentali senza le quali la questione non si può affrontare in maniera adeguata. una è la differenza di classe e l’altra è quella di identità politica. direi che anche basta ritenere “utile” ciò che è utile per chi invisibilizza le lotte delle donne per dare visibilità ad istanze che certamente non ci riguardano. per dire: a me/noi, precarie, in lotta da sempre, delle quote rosa e delle candidate elette in parlamento, esattamente, cosa importa?

          ps: io di violenza di genere mi occupo da trent’anni e a me le approssimazioni non sono mai piaciute. non rincorro l’emergenzialità e il sensazionalismo e mi interessa osservare la questione seriamente per prevenire e non per spostare consenso su partiti e governi. approccio la questione talmente seriamente che giusto quando ci fu quel grande errore di Snoq in quell’appello quel che ho proposto fu che si attivasse un osservatorio nazionale. un osservatorio serio e non il conteggio a seconda dell’umore che ciascun@ ha. perché tu o chi per te puoi anche conteggiare quel che vuoi nella categoria che preferisci ma se non cogli quali sono le ragioni per cui qualcun@ viene uccis@ non potrai attivare soluzioni preventive ma solo repressive. e non è forse questo che le politiche attuali perseguono? repressione per tutti/e. tanto per gradire.

        2. Un’altra cosa: circa Stefania, ho a lungo parlato con suo padre. Bello che tante abbiano fatto campagna antiviolenza sul suo nome. Dopodiché a seguire la vicenda legale i genitori sono stati lasciati soli. Su questo stenderei un velo di pietoso silenzio.

          Ps: c’è una costante nella scelta delle donne uccise scelte da snoq per fare campagna antiviolenza. giovani, carine, esteticamente spendibili sui media. una migrante uccisa non l’ho vista tra le vostre campagne. non una prostituta. una trans. in termini di comunicazione questa è una scelta precisa. che orienta in una certa direzione. la canonizzazione della vittima/vittimizzata in quanto etero, giovane, futura possibile moglie e madre. roba buona per sensibilità destrorse nazional/popolari. ma immagino che il punto sia “purché se ne parli”… per me il punto è che la cultura previene i delitti e se non si fa cultura ma si brandizza un fenomeno non si previene nulla. 🙂

  3. generalizzi troppo e dici un sacco di cose imprecise: evidentemente non ci conosci
    forse prima di parlare sarebbe bene che ti informassi meglio

    1. sono informata su quella che è la dimensione pubblica di snoq e la ricaduta politica delle vostre iniziative.
      non si tratta di imprecisione ma di una totale differenza di prospettive.
      io valuto le lotte per le donne in direzioni precise. per dire: come è possibile che si legittimi nelle iniziative una ministra del lavoro che ha contribuito affinché le donne restino economicamente dipendenti? che dire del silenzio in relazione alla posizione circa il costante ruolo di cura che alle donne viene assegnato per welfare?
      sarebbe lunga da spiegare ma di informazioni e memoria ne ho quanta ne volete. 🙂
      se e quando avete voglia di discuterne senza banalizzare le critiche o derubricarle a “disinformazione” io sono qui. perché le questioni delle donne non si limitano alla indignazione per un corpo scoperto su un manifesto pubblicitario. ci sono questioni sostanziali che ci riguardano e che sono imprescindibili ma certo non sono temi che evidentemente vi interessano.
      perdonate il tono diretto ma è da anni che si tenta inutilmente di segnalarvi che c’è qualcosa che non va e non ci è mai sembrato vi importasse troppo.

    1. ma davvero pensi che non sappia cosa fate? 🙂
      già la prima cosa che leggo è declinata quasi alla stessa maniera della destra.
      https://abbattoimuri.wordpress.com/2013/07/30/la-galera-per-gli-uomini-prima-della-fine-di-un-processo/
      Davvero, il mio rammarico, se vuoi l’amarezza, è che c’è tanto lavoro e tante risorse gratuite condivise e alla fine quel che si persegue sono politiche securitarie e senza prospettiva.
      Stefania, io so che a Firenze siete più laiche e decisamente “meglio” di quel che passa sui media nazionali ma spiace dire che non fate la differenza. Difendete un nome, una griffe, che si sostanzia esattamente per le responsabilità politiche che io le imputo. So che c’è una critica interna, che in tante tra voi la pensano esattamente come me, so di tanti malumori, della maniera non esattamente partecipata in cui certe cose vengono vissute come calate dall’alto… direi che avete molto da discutere tra di voi perché cercare l’unità a tutti i costi può anche essere l’obiettivo del Pd ma i femminismi sono un’altra cosa e l’unità non la rintracci in quanto che abbiamo tutte un utero.
      Siamo tante, diverse, e non esiste che ci sia chi immagina di poter rappresentare tutte le donne o di produrre istanze anche a mio nome mentre va a ballare in piazza con gente di destra stabilendo tra l’altro che chiunque altro si autorappresenti sia sbagliat@ o disinformat@.
      Se avete voglia di affrontare la questione apritevi alla critica. Fate una call per sapere qual è il bilancio di quanto avete fatto. Senza che vi autopromuoviate e che propagandiate il 13 febbraio come la data prima della quale nulla è mai esistito. Ascoltate le altre ma ascoltatele davvero. e se altre non la pensano come voi rassegnatevi al fatto che esistono i femminismi e non IL femminismo, tra l’altro abbastanza snobbato da tante di Snoq… 🙂

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