La mia bambina ottantenne è spirata, infine. Avevo continuato a badare a lei già da un bel po’. Poi la figlia mi ha chiesto di fare un po’ più di ore perché s’è fatta grave. Non sentiva e non vedeva quasi più. Persa dietro un suo delirio e una sua storia, segnava un filo su per aria come indicasse la traiettoria per arrivare altrove. Quando fai questo lavoro bisogna tenere conto del fatto che non sei di ghiaccio. Quella donna, così vecchia, rughe infinite e infinite storie, finisce per entrarti dentro.
La badante non è un mestiere come un altro. Ci vuole affetto, tenerezza, ci sono mille implicazioni sentimentali. E che si fa quando quella bambina muore?
Per prima cosa tieni forbici a disposizione per tagliare il filo. Quel filo che la lega al suo buio altrove. Così la tieni stretta al mondo terreno e le parli sempre, sussurri a quelle orecchie affinché parole arrivino al cervello e il cervello abbia un po’ voglia di restare. Contemporaneamente ti chiedi se tutto ciò sia giusto. Ma fossi stata in lei sarebbe stata quella la vita che avrei voluto? Personalmente no. Avrei voluto spegnermi prima di dipendere così tanto da qualcuno. Avrei voluto compiere un gesto di libertà. Un atto di egoismo. Per me e me soltanto: chiarendo che nessuno è responsabile, che quella è la mia consolazione, che la mia vita smette quando lo voglio io.
Intanto ho guardato la mia bimba chiara e liscia, l’abbiamo lavata, ripulita e rivestita con la figlia. Un nodo in gola per entrambe. Ho stretto la sua mano. Le ho detto “non hai nulla da rimproverarti… hai fatto quello che potevi… era il momento…“. Mi ha detto “grazie“. Perché la badante lavora anche quando smette di lavorare. Perché il suo lavoro è amare e non si può smettere di amare se smettono di pagarti lo stipendio.
Gli ultimi giorni l’ho soccorsa, quella bimba, mentre strappava il pannolone e poi accusava chiunque di non so che cosa. Diceva che le avevano rubato la fotografia con suo marito e la fotografia era lì. Diceva che sua figlia le voleva male e sua figlia si rinchiudeva in stanza e poi piangeva. Piangeva. E una badante deve equipaggiarsi di spiegazioni per rasserenare la badata e di fazzoletti per asciugare lacrime per la parente.
Seduta per l’ultima volta sulla poltrona in cui la bimba restava ore e ore a guardare la televisione, guardando il mondo dalla sua prospettiva, con quella figlia che m’è venuta accanto e mi ha fatto una carezza, una soltanto, per consolarmi, perché fosse plausibile una lacrima anche da parte mia. Una badante soffre una perdita anche se è pagata per occuparsi di una persona che ne ha bisogno.
Quando sono venuti i parenti ho preso giacca e altri accessori, ho salutato la mia bimba e quella figlia, uscendo lei mi dice “vieni domani? puoi? ti faccio vedere le foto di quand’era giovane...”. C’è un altro giorno, uno ancora, per tenermi il cuore gonfio di tristezza e restare in quella casa. “Però poi usciamo e ti porto a prendere un dolce eccezionale…“. Dice di si. Allora è fatta. Buonanotte bimba mia. Io vado all’altro turno di lavoro. Dove procuro orgasmi telefonici al minuto. Poi spero di vedere l’uomo della chat e se lo vedo gli racconterò di te. Se capita.
NB: Antonella, Meno&Pausa, è un personaggio di pura invenzione. Spin Off di Malafemmina, precaria un po’ più giovane. L’about di Antonella dice che si tratta di una donna precaria post quarantenne e in pre-menopausa. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.
Mi hai commosso
Pure a me’ 😦