Il 21 sono fuori di qui. Lunedì (forse) mi/ci pagano. Siamo abbastanza malinconici. Vogliamo andare via ma ci dispiace separarci. Questo riguarda le persone che hanno legato, strette in una alleanza. un patto di solidarietà, che ci ha tenuti in piedi fino ad ora.
Tanti numeri di telefono, tante promesse di comunicazione e cartoline di natale, ma poi sappiamo bene, tutti, che il giorno dopo ricominceranno le nostre vite o ne avremo altre, comunque lontane da quella che abbiamo vissuto qui, e dunque archivieremo questa esperienza e anche le persone che l’hanno attraversata, perché avviene un po’ così che per disintossicarti butti via il bambino con l’acqua sporca.
E poi restano i ricordi, racconti da regalare agli amici e alle amiche, qualche telefonata sempre più rara da parte di quelli con cui hai avuto qualcosa di più di una avventura. Tanti volti e tante cose che se non le avessi appuntate in questo diario non ricorderei proprio più.
Ed è l’effetto che fa la precarietà che ti impone di non dare importanza a molte cose, per sopravvivere, per andare avanti, per ricominciare senza portarti dietro quel nodo in gola, quel senso di oppressione che deriva dall’essere sempre lì a ricominciare, a non avere nulla di certo, neppure nei legami umani.
E quei legami forse li si considera con maturità perché comunque sarebbe una illusione quella di considerare i legami “per sempre”, come se fossero mattoni, case, vizi e dipendenze.
I legami vanno, esistono, gli dai valore per il tempo che ci sono e poi diventano altro da te, per fortuna, che già l’essersi toccati per un attimo è cosa bella e rara giacchè esistono persone che vivono insieme da una vita e non si sono toccate mai.
In profondità, dico, in quella dimensione intima fatta di complicità ed emozioni che restano a prescindere dal fatto che chi le abbia suscitate sia ancora al tuo fianco o no.
Perché c’è una visione possessiva delle relazioni umane. Invece quel che piace o ti fa stare bene o ti fa sentire accolta non esiste per te. Esiste e basta, per se’, per altre mille persone, per cose altre che possono o non possono riguardarti e allora se tutto quello che ci accade fosse considerato un dono da accettare senza pretese e da guardare come si guardano i regali più preziosi si riuscirebbe a pensare che nessuno ti appartiene mai e che al mondo esistono tante persone che impongono catene dove invece ci deve essere una scelta, una coincidenza, più o meno fortunata, una determinazione reciproca, qualunque cosa da ricalibrare senza nessun senso del dovere.
Noi siamo qui, persone incontrate per caso, tutte coinvolte da una regia che senza saperlo ci ha resi familiari. Domani non saremo più e questo non ci mancherà se consideriamo che in fondo noi non siamo soli. Abbiamo noi stessi/e e porteremo altrove i nostri corpi e le nostre esperienze e le nostre vite, contenitori da riempire in un baratto di emozioni e abbracci e pensieri e meraviglie che ci fanno persone.
Ho tante foto ricordo di questa estate e poi ci sono gli autografi con accanto i numeri di telefono e gli indirizzi. Sono la traccia che quanto ho vissuto è esistito davvero.
E poi ci sono i miei panni sfatti, le mie mutande slabbrate, il mio costume troppo largo, i miei pensieri stanchi e metto tutto in valigia, che è già pronta per partire e spero, davvero spero, che prima di andare via non mi chiedano di cantare la canzoncina idiota che ha fatto da colonna sonora a tutto il mio lavoro in questo perfido villaggio vacanze.
Giuro che se lo chiedono alzo il pugno in cielo e mi metto a cantare “Bella Ciao”. Licenziarmi non possono.
E’ finita e lo dico a chi mi ha accompagnata tutta l’estate, a chi mi ha incoraggiata e spronata a resistere. E’ finita e il prossimo lavoro, spero, arriverà a breve.
NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.
E quando torni a casa, non ti sembra la stessa, il primo giorno ti sembra di essere da qualche altra parte. Poi il giorno dopo ti risvegli e ancora è come se fossi in un altro luogo, dura poco, lo spazio di due giorni al massimo e poi entro due settimane sembrerà lontanissia quell’ esperienza. Mi dispiace mi ci ero affezionato a questo racconto è stata la mia sit com preferita. Peccato, spero la paga sia soddisfacente(…?) e grazie per le sortite di questi mesi.
Comunque ci sono vari tipi di precarietà, senza voler fare a gara a chi è più sfigato, ma il precario che riesce a trovare lavori stagionali è diverso dal precario interinale. Siamo sempre agli ultimi posti, ma a sentire i tuoi racconti e per quel che ho provato io. Quella suona più come un’ avventura, mentre la precarietà che vivo io o altri come me che da anni continuiamo a lavorare sempre nello stesso posto di lavoro, ma sempre a chiamata e per un giorno solo (anche tre ore, spesso) e però sempre sul filo di rasoio, sempre pronti a non essere più chiamati senza nemmeno sapere perchè( non ti dicono mai niente, comprensibilemte dal loro punto di vista). E’ diverso dal lavor con contratto di due mesi, poi hai ragione che siamo sempre e comunque precari e non cambia la sostanza. Lungi da me cercare differenze per trovare divisioni, era solo per segnalarti questa cosa che in giorni come questo in cui torno appunto dal lavoro sento pesantemente. Siamo diversi dagli oindeterminati, non c’è niente da fare, loro non lo capiscono e cercano di farti sentire come loro, ma non è la stessa cosa anche perchè mica tutti sono “amici” anzi. E’ come lavorare per i servizi segreti e cerchi di confidarti solo con chi puoi fidarti ciecamente, ma ciecamente non ci si può fidare di nessuno dispiace dirlo, ma è così. I lavor con contratti stagionalo sono belli perchè si crea veramente quel rapporto che indicavi tu, non ci sono le paranoie perchè tanto sai che c’è un contratto e se anche qualcuno ti sputtana in qualche tua confidenza questo non può inficiare sul contratto in essere. E’ bello così e alle volte fai delle conoscenze meravigliose e penso sia perchè sei libero di conoscere e farti conoscere da chi vuoi e come meglio vuoi. Il lavoro precario di cui parlo io è molto più bastardo (dentro?), già certi ambienti di lavoro hanno dinamiche che ricordano quelle dei detenuti delle carceri se po sommi la condizione assoluta di precarietà in stile reality ( dentro o fuori o fortunatamente in nomination). Per fortuna i responsabili sono persone e se riesci a dimostrarti affidabile tutto aquista una dimensione migliore ma restiamo sempre in balia di noi stessi senza nessuna garanzia.