Malafemmina

Vuoi dimagrire? Vieni al lager vacanze!

La vita è breve e si fa quel che si può. Dopo un primo pomeriggio trascorso a leggere le avventure di pelo della trombatrice precaria, sono tornata sul pianeta dello sfruttamento occasionale, quello che se c’hai l’occasione scappi e vai veloce senza guardarti indietro.

Di sabato il clima un po’ si ravviva e chi viene qui è tutto preso da questa foga di perdere due o tre chili in dueoredue, facendo ogni esercizio ginnico esistente, dagli addominali per averci la tartaruga anche sul cervello, al gambe/glutei/braccia che si pensano che fare hop hop per una giornata elimini le cose pendule, agli attrezzi che ti stirano la schiena che è una bellezza e poi ti viene l’ernia perché se carichi 50 chili a freddo la prima volta ci resti secco, a qualunque altra cosa possibile. Dato che mi pare che il dimagrimento sia uno degli obiettivi vacanze vorrei dunque parlarvi di una speciale cura che vi mette in condizioni di perdere chili e chili e vi fa asciuttissime/i come se foste passati/e dallo sgrassatore.

Si chiama lavoro. E’ quella cosa che facciamo noi, qui, che ci svegliamo la mattina, trottiamo a piedi da un punto all’altro del villaggio, poi saltelliamo per animare le signore che stanno comode in piscina e quei signori con la pancia che ad ogni saltello scuotono le membra e rilasciano cellule morte dappertutto. Poi andiamo dai bambini e con i bambini si salta e si corre ancora e poi a recuperare un boccone e ancora, nel mio caso, a fare qualche chiacchiera sul web e ancora dalla reception hotel alla piazzetta a saltellare e dire stronzate per i villeggianti e poi in spiaggia perché c’è il turno di animazione con i cappellini colorati, che fa tanto all thogeter miami beach, e distribuiamo le palette con i numerini nella piazzetta per fare votare la gente a stupidi concorsi in cui si vince un massaggio, che tanto, sapete, la massaggiatrice, è sempre pagata quasi niente e un po’ di carne in più o in meno che vuoi che sia, e allora c’è l’altro boccone che per i comuni mortali si chiama cena e il dopo cena a fare digerire gli ospiti che si spanzano mentre noi avremmo pochino da digerire e se riusciamo a fregarci una bibita in più è già troppo che qui ci contanto anche i respiri che facciamo perché non bisogna consumare più aria di quella che sta scritta sul contratto, e dopo che hanno digerito ce li portiamo a fare i giri e i girotondi e gli spettacoli e di nuovo a fare balletti e poi trenini e poi ancora in piedi, che a fine giornata se qualcuno osa dirti come mai cammini a piedi nudi e non tolleri il contatto con una suola di qualunque materiale tu ruggisci perché ci sono momenti in cui non si fanno domande, cazzo, e voi dovreste capirlo.

Poi, se tanto non basta, c’è il turno discobar, per chi se lo puppa, e in genere tocca a chi non fa il turno con i bimbi, o l’uno o l’altro, che magnanimi, perché pensano che le due fatiche si equivalgano, e dunque a conti fatti posso dirvi, modestamente, che da quando sono qui ho perso circa dieci chili di morbidezza, e io, vi giuro, non ero per nulla appesantita. Ero normale, con forme belle, che ora paiono accennate. Sono diventata quasi un palo della luce con attaccate due palle in alto e due dietro che per misura non si equivalgono solo perché per natura ho sempre avuto un culo un po’ più in carne dei seni.

I miei colleghi e le mie colleghe stanno più o meno allo stesso modo e prevediamo di uscire fuori da qui, il 21 settembre, come se fossimo stati ad auschwitz, belli magri magri, pronti per le sfilate di moda, perché viene giù tutto.

I miei pantaloni a vita bassa, per esempio, mi scivolano inesorabilmente sulle ginocchia e per tenerli su ho adoperato vari stratagemmi, foulard, corde, che volendo posso tenere di riserva per impiccarmi quando sarà il momento di dare una lezione a chi mi obbliga a stare in vita anche se non ne ho voglia.

Ho una camicia che mi piace tanto, bella, scollata sul davanti, mi faceva le forme belle e mi sentivo una dea quando la indossavo. Ora scivola come se sotto non ci fosse niente. Conto le costole e posso avere un contatto quotidiano con la mia massa scheletrica in generale. Sto facendo amicizia con le iliache e persino l’osso sacro mi dice bene che tra un po’ viene fuori e posso stare seduta poggiando in perfetto equilibrio su un solo punto del corpo.

I reggiseni li ho buttati. La forza di gravità non è più un problema. Semplicemente le mie tette hanno issato le bandiere dell’autonomia. Le mutande sono sempre più arrotolate. Il costume è una specie di simil tanga intraculo che mi si infila dappertutto perché tanto se non lo introietto da qualche parte mi casca. Gli shorts che uso per andare in giro di giorno sono di una larghezza imbarazzante e siccome non ho un soldo da spendere per rifarmi il guardaroba ho deciso di “rubare”, si avete capito bene, rubare il cibo dove capita.

I miei amici delle cucine mi passano di nascosto pezzi di roba che porto nel mio alloggio/loculo e altri colleghi si rimpinzano di pane, che prendono al buffet in sovrannumero, infilano nello zaino e poi mangiano con marmellatine bruttissime, quelle della colazione, alla notte.

Se decidiamo di darci appuntamenti notturni i nostri sono dei panini party con marmellatine avariate. Tranne se viene il mio amico delle cucine che nel frattempo è riuscito a sgraffignare una anguria o un dolce.

E sono certa che tutto questo il magnifico Direttore lo sa bene. E’ che gli piace fare in modo che noi ci sentiamo ladri, un po’ in colpa, per poi poterci ricattare o per poterci dire che in fondo lui ha chiuso un occhio mentre noi facevano quello che ci pareva e piaceva. Ed è un concetto vago del fare quello che ci pare perché se veramente osassimo metterci del nostro sparirebbe il villaggio e tutto quello che c’è dentro. Nel senso che ne cambieremmo in positivo le prospettive e questo, sono certa, gioverebbe anche agli affari.

Insomma va così: se volete dimagrire fatevi una stagione di lavoro in un villaggio vacanze, fate la fame assieme a noi, in un eccesso di attività fisiche che non sono compensate da altrettanto cibo. O fatevi almeno una stagione di camerierato a tempo pieno che io in effetti uso d’inverno per smaltire durante il mio part time del fine settimana quel chilo in più accumulato durante gli altri giorni.

Eccovela la dieta perfetta, che vi rassoda anche i mignoli e rende i vostri corpi solidamente scheletrici.

Dove eravamo? Ah si, al fatto che la gente che arriva al villaggio vuole dimagrire in due giorni. Spiacente, non ci riuscirete e non mi dispiace affatto. Tenetevi il vostro grasso, Siete belli così. Tenetevi la pancia, le forme, la cellulite, i culi, la carne che vi fa sembrare un po’ più sani di come attualmente sembriamo noi. Usate le vacanze per ri-po-sa-re, e basta. O fate fare ginnastica alla mente e leggete, perché, credetemi, ne avete bisogno.

Cosa sembriamo? Degli stecchini abbronzati, molto abbronzati, perché tolta l’abbronzatura, ne sono convinta, ci vedrebbero per quello che siamo: pallidi come la muerte. Pronti per l’obitorio. Proprio come piace al Direttore del villaggio che ha una concezione di questo posto che non sarebbe dispiaciuta ai pensatori del lager nazisti.

Pausa finita. Si riparte per il turno serale. Mangiate tanto e pensate a me. Io vado a rubare un gelato prima di ricominciare.

NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. 

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