Ho appena finito il mio terzo turno di animazione. Poi ne ho un quarto e poi forse per oggi ho finito. Sono in fase terminale, di questa malattia chiamata alienazione da villaggio vacanze. Quasi defunta. Non ce la faccio davvero più. Non so neppure mettere in fila qualche parola per questo blog in cui mi racconto fin dal principio.
Oggi ho trascorso la pausa pranzo in spiaggia, a sonnecchiare sulla sabbia e poi a sonnecchiare dentro l’acqua, con il corpo a galleggiare e qualche pezzo della mia faccia visibile. Forse il naso, la fronte. A occhi chiusi, facendomi divorare dal sole, stavo per diventare una torcia umana. Lasciandomi coprire dalle onde e talvolta toccando il fondo con un piede, poi l’altro, con tutto il corpo, rigirandomi e nuotando, per guardare dritto negli occhi il fondale, nulla di affascinante in realtà, ma almeno è un altro ambiente, diverso da quello esterno, fatto di voci, suoni che oramai conosco a memoria e che non sopporto quasi più.
Molto meglio la flora e la fauna del mare. Molto meglio andare alla deriva e lasciarmi portare via dalla corrente per arrivare, chissà, in un altro pezzo di mondo, ma comunque fuori da qui. Venticinque giorni ancora e ce l’ho fatta. Si, ce l’ho fatta. Ho resistito, continuo a resistere, per la pagnotta, in questo buco finto, fatto di gente finta e di case finte. Uniche cose vere sono il sole e la spiaggia, o almeno credo, spero, che non abbiano truccato anche questo ambiente.
Un tale in tenuta da windsurf, con la sua tavola da windsurf, stava per mozzarmi la testa, ma è pur sempre qualcosa di più avventuroso di quello che avviene nel villaggio. Sono proprio scemi questi surfisti che senza un filo di vento e senza l’ombra di un’onda si atteggiano per reggere la vela che inesorabilmente cade giù.
L’istruttore è il più scemo di tutti ma almeno lui ha la scusante che deve guadagnare per vivere. Un po’ c’ho parlato, una volta. Il vuoto assoluto. Un cervello inutile, di quelli che dici “questo ha subito l’esodo di tutti i neuroni”. Però un fisicaccio, palestrato, muscoloso, e un pirulino piccolo così, quasi invisibile, a meno che non lo inserisca in apposite fessure del costume perché vi giuro proprio non gli si vede.
Ma fotografie delle parti basse maschili a parte diciamo che mi sono un po’ stufata di guardare queste facce e questi corpi sovraesposti che puzzano di olio abbronzante e lasciano la scia dentro l’acqua.
Ho incontrato anche una specie di nudista, ha una tenda piazzata al confine con il pezzo di spiaggia del villaggio. E’ arrivato da noi a nuoto. Ha fatto la sua apparizione e poi si è rieclissato dentro l’acqua. Magari prima o poi tolgo costume e orpelli vari e appaio anch’io dalla sua parte. Chissà che non abbia qualcosa di interessante da dirmi.
Di sicuro i suoi testicoli non temono gli sguardi altrui. Brutto brutto, eh, senza nessuno spessore, in tutti i sensi. Ma che volete farci, quando mancano gli argomenti mi viene da concentrarmi sulle cose ovvie, così per non perdere l’abitudine. E poi oggi è andata via la mia amica e io mi scopro un vuoto di sensi e noia che va colmato.
Vado a fare la fila per recuperare l’insalata delle sette di sera…
NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.