Quando iniziai con la fotografia immaginavo di poter rappresentare il mondo in chiaro scuro, fare dei reportage su pezzi d’esistenza che valeva la pena raccontare. Mi esercitavo a fotografare oggetti in movimento, un foglio che volava via col vento, un passo rapido, fermare il fruscìo delle foglie. Dopodiché quando provai a portare in giro le mie prime cose dissero che la ruga del vecchio s’era vista, il bimbo ferito s’era visto, di fogli in movimento la storia della fotografia pare fosse piena, allora mi si suggeriva di stupire.
Avevo il vago sospetto che lo stupore fosse più un auspicio d’indignazione, l’eccitazione per una scena raccapricciante ma che sazia viscere e garantisce la catarsi. Vedevo sempre più foto di corpi squartati, sangue, guerre, e io, che al più potevo fotografare il bullo del quartiere, cosa mai avrei potuto mostrare per inorridire?
Mi si consigliò di andare da un noto fotografo che in queste cose ci prendeva sempre. Portavo appresso la mia frustrazione e anche il mio sano bisogno di mangiare, ché anche noi fotografi, sapete, non si campa d’aria.
Il Maestro era conosciuto come “L’uomo che sussurrava al Pelo“. Disse che bastava shockare e che questo era già diverso che stupire. Ascoltavo senza perdermi una sola parola. Il trucco è dunque di fare parlare di se’ e se c’è una cosa di cui si parla sempre quello è il pelo. Perciò decisi di fare una cosa che ritenevo originale. Sottoposi subito il progetto all’ente istituzionale locale e furono entusiasti di finanziare una mia mostra dal titolo: “Pelo di donna“.
Credo che il finanziamento si basasse soprattutto sulla parola “donna”. Del pelo, almeno all’epoca, proprio non si occuparono.
Per me, fotografo precario, fu tutto molto nuovo. Solitamente non dovevo pagare una modella e non dovevo studiare pose particolari. Fossi stato fedele ai miei ideali avrei chiamato la mostra “La spontaneità del pelo”, facendo in modo da riprendere scene di vita (del pelo) reale. In quel caso però proprio non fu possibile. Allora mi fu indicata una speciale agenzia dove avevano anche una bella collezione di book di modelle del pelo.
Divise per colore e taglio, chiesero se la preferivo riccia o liscia, morbida e setosa, dopodiché fornirono ogni informazione sui servizi di parrucchieria del pelo con particolare riferimento ad uno specialista delle extension che appiccicate al pube, un po’ dove viene viene, davano quel non so che di selvaggio che avrebbe potuto proprio rendere unica la mia opera.
Il book aveva 792 differenti profili pelosi e ne fui davvero molto sorpreso. “Quello della modella di Pelo è un ruolo molto ambito” – precisò la Madame della casa. Interessantissime le acconciature e non ebbi alcun dubbio sul fatto che la piega migliore mi avrebbe anche ispirato la trama dell’opera.
Pelo, va bene, ma in che modo? Colorato, acconciato, in piega, intrecciato, sparpagliato, davanti, di profilo, dal basso. Dettagli di non poco conto e lì dovevo pur contare sulla abilità e disponibilità della modella. Madame mi disse che ce n’era una particolarmente brava il cui pelo risplendeva di luce propria e oltretutto lei era un vero animale da palcoscenico. Tolta la mutanda e pettinata la Marianna pareva che quel pelo si muovesse da solo incontrando i desideri dell’artista.
Venne il momento della scena. La modella del pelo era rimasta in sala trucco per due ore. Cosa mai avrà truccato del suo pelo credo di non poterlo affermare con certezza. Tutto quel che so è che quando apparve all’ingresso dello studio fotografico parve fermarsi il tempo. Le mie assistenti la adoravano e una le consegnò, tremante, una bevanda non senza dirle che era rimasta davvero stupida dalla sua ultima posa chiamata “Pelo al tramonto“.
Altera, superba, disse “Facciamo presto… ho un altro appuntamento di lavoro tra quattro ore“. Accennai timidamente un “Ne sono consapevole, scusi” e l’assistente mi sussurrò all’orecchio che nel pomeriggio l’avrebbe fotografata nientemeno che il grande artista che compose l’opera “Mistica del Pelo“.
Dissi un “Però!” e rivolsi tutta la mia attenzione alla modella. Ella superò ampiamente tutte le mie aspettative. Tolto il proteggi-pelo quel che si vide suscitò un ohhh di sorpresa e ammirazione da parte di tutti i presenti. Seguì il coro di “stupefacente” e “straordinaria” e “meravigliosa“. Il pelo della modella emanava una luce quasi divina e il pelo con l’aureola, giuro, non mi era veramente capitato di vederlo mai.
Emozionato chiesi che assumesse la prima posa e mi sentii davvero stupido quasi che la proprietaria di tanta bellezza non potesse meglio di me indicare la via del successo che avrebbe potuto liberarmi dalla precarietà.
Perché mi fu tremendamente chiaro come le parole del mio maestro d’arte “l’incommensurabilità del pelo artistico” in quel momento assunsero pieno significato. Il pelo era la svolta, la mia reale opportunità, la bellezza, arte vera. Come non averci pensato prima.
La dea pelosa mutò pose e forma a più riprese e, mentre scodinzolavo al suo cospetto provando a intercettare uno sguardo d’intesa, disse che avrebbe voluto controllare personalmente i suoi provini, ché non poteva permettere che un fotografo quasi sconosciuto mettesse in giro immagini che non la rappresentassero al meglio delle sue possibilità.
“Sappia che ho accettato di fare questi scatti perché ho un debito di gratitudine verso il Maestro.” precisò, e in quell’istante provai davvero tanta riconoscenza e mi ripromisi di non commettere alcun errore.
Concluse le quattro ore, come promesso, lei mollò tutto e se ne andò. Io rimasi lì a trattenere il fiato tentando di percepire almeno l’ultima scìa odorosa del suo pelo.
Quando le opere furono pronte da esporre chiamai il Maestro e lui mi disse che la modella l’aveva invitato a presentare la mostra con la partecipazione del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura.
Fu una presentazione entusiasmante. Folle di potenziali acquirenti osservavano quelle fotografie per ore e ricevetti non pochi complimenti. Il Maestro e la Modella rilasciavano interviste e quando fu il mio turno dissi, ingenuamente, che ringraziavo quanti avevano creduto in me e mi avevano concesso l’opportunità di svelare questo mio tratto artistico. Poi dissi anche che il Maestro mi aveva consegnato al mio percorso artistico ideale. Da quel momento in poi avrei fotografato solo pelo. Senza dubbio.
Durante lo sbevazzamento inaugurale mi resi conto che fuori dalla galleria c’erano diverse signore un po’ incazzate, però non me ne curai. Il giorno dopo fu tutto un trillare di telefoni e per prima cosa dissero che l’Assessore e il Sindaco si dissociavano dall’iniziativa e che avrebbero provveduto a rimuovere le foto su richiesta del Comitato Proibizionista per la Tutela della Santità del Pelo.
Il Maestro disse che si era sbagliato a riporre fiducia su di me perché “Fotografare il pelo è un’arte e se la gente guarda il pelo e vede il pelo allora sei un idiota“. Solitamente lui fotografava il Pelo e riusciva a farti vedere il senso della vita, sicché mi prostrai dinanzi alle sue critiche e accettai quell’enorme fallimento.
La modella urlò al telefono che mai il suo pelo era stato umiliato così tanto e infine la mia casella di posta fu inondata di messaggi di donne che mi imputavano, nell’ordine: l’istigazione allo sterminio del pelo, l’eutanasia del pelo, la caccia al pelo, il risveglio del pelo, e più cripticamente mi parlarono di autodeterminazione del pelo e lì, giuro, ebbi davvero un lieve capogiro perché troppo parlar di pelo a volte rende pelosa anche la vista.
Il Comune e la modella mi hanno fatto causa. La Madame mi ha bandito dalla sua agenzia e le mie foto sono tutte nella mia camera da letto dove almeno nessuno può vederle. Costretto a chiedere scusa in pubblico. Bandito dalla professione e dalla mia cerchia sociale. Il mio nome è così inviso ai potenziali clienti che non mi chiamano a fotografare più neppure un matrimonio. Così assediato, circondato dal pelo, ho incorniciato l’ultimo messaggio ricevuto: “Hai offeso la dignità delle donne… vaffanculo, stronzo!“. Triste e solo, ricordando a rallentatore la scena del più bell’incontro di Pelo della mia vita, infine, sono qui ad espiare, svelando al pubblico tutta la verità, sperando in un pubblico perdono.
Ebbene si: ho offeso la dignità delle donne. Oggi ho intrapreso una nuova attività orientata all’attenzione per le donne. Ho fatto ammenda, ho compiuto il mio percorso, in ginocchio, per abbracciare la luce e oggi sono volontario presso il Centro Istruzione e Recupero Uomini Indegni. E sono molto felice.
[Fine del video e poi un fruscio… si interrompe e altre immagini, inattese, ripartono. C’è ancora lui, la sua espressione non più serena, e comincia a guardarsi attorno. Poi sembra fissarmi: “Sc…sc…sc…usate… c’è ancora qualcuno là fuori? Are you there? Help me, please! Registro questo messaggio nel 2013. Mi hanno detto di dire quelle cose ma… sono rinchiuso e…” – si interrompe – una porta sbatte, una voce in sottofondo “Cosa stai facendo?” e “N..n..nn..niente!” balbetta lui… poi più nulla.]
Zzzzz
Inizio comunicazione.
“Si richiede aggiornamento da Stazione 26 a Base Resistente”
“Qui Eretica, anno 2032, Brigata Resistenza, scheda wanted da terrorista-ricercata numero 7692. Temo che il soggetto sia oramai irrintracciabile ma continuerò a cercarlo. Resto nella Stazione 26 di Uterolandia nella speranza di ricevere altri suoi messaggi. E’ trascorso molto tempo ma potrebbe essere ancora vivo e non posso abbandonarlo senza fare almeno un tentativo. Come da istruzioni. Di ritorno alla Base al massimo tra 72 ore. Passo e chiudo!“
Fine Comunicazione.
Zzzzz
—>>>Ps: E’ un personaggio e una storia di pura invenzione. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.
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La prima puntata del Diario la trovate QUI.
simpatico stupida e stupido invece di stupita e stupito, non ci sarei arrivato!
Fu un fatto involontario. 🙂
Quanto da ripensare hai dato con questo post, confidiamo nelle menti libere e selvagge ancora fuggiasche affinchè il messaggio continui a navigare 🙂
molto originale!