Malafemmina

Proletari/e si diventa!

Non sono d’accordo con chi dice che proletari si nasce. Essere proletaria non è una condizione di nascita. Non si eredita come per i titoli nobiliari.

Si fottano tutti quelli che dicono che i poveri che nascono poveri moriranno poveri e altre cose del genere. Ma si fottano anche quelli che dicono che i poveri nel regno liberista possono diventare ricchi. Che grande sciocchezza.

Io sono nata persona, né povera né ricca. Semplicemente persona. Poi altri hanno deciso cosa dovevo diventare da grande. Potevo diventare qualunque cosa, invece mi hanno resa povera. Ma tra l’essere povera ed essere cosciente della mia condizione c’è differenza.

Se tutti i poveri si rendessero conto di quello che sono e del perché stanno come stanno forse i ricchi avrebbero meno privilegi. Invece la maggior parte dei poveri è semplicemente gente che interpreta perfettamente il ruolo che altri hanno scelto per loro.

Essere proletari/e è un’altra cosa. Significa assumersi la responsabilità di quello che sei, comprendere fino in fondo quali sono le cause della tua condizione, elaborare una strategia per uscirne fuori (dalla precarietà), ma non significa certo avere come fine ultimo quello di diventare come un riccone qualunque.

Uno dei metodi più semplici sempre usati dai ricchi per tenere in schiavitù i poveri è stato quello di giocare a rendere desiderabile la vita dei ricchi.

Invece no. Non è una vita che mi piace. La proletaria è quella che se ne frega di comprare l’abito griffato perchè ama altre cose, ma di questa categoria sociale non si sente parlare perchè non è spendibile, non ci si può lucrare sopra, non è “utile” ed è perfino pericolosa, perchè se si sposta l’asse dei desideri: di cosa si arricchirebbero i ricchi che diventano tali vendendo illusioni, briciole e scampoli di ricchezza ai poveri?

Viviamo in un mondo in cui l’aspirazione massima di tante persone è quella di beccare un capo griffato agli outlet e non capiscono che l’outlet è proprio la rappresentazione del gioco sporco che fanno contro di loro.

Lo dico in senso generale, a prescindere dall’interesse di chi ci lavora dentro, commessi precari inclusi. Ma se riuscissimo a capovolgere la sfera di interesse, a pronunciare forte il nostro desiderio di non somigliare a nulla che sia l’elemosina di quella che viene definita ricchezza, forse qualcosa cambierebbe.

Io sono proletaria, non mi interessa affatto somigliare alla vip piena di carte di credito, la mia vita è altro. Io sono costretta all’invisibilità perché se dicono che quelle come me esistono allora gli va in fumo il marketing che fa commercio inducendo la povera gente a comprare illusioni.

Proletaria è chi individua i propri, veri, desideri. Dunque si, proletaria si diventa.

NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. 

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