Malafemmina

Precarietà: essere apprendista per tutta la vita!

Qualche giorno fa ho fatto un colloquio per essere assunta per un periodo di tre mesi, quelli estivi, come aiuto/spalla/facchina, assieme ad alcuni animatori turistici in un villaggio vacanze.

Un piccolo villaggio, funzionante, mi dicono, ma che non fa parte di un brand conosciuto.

Paga: 800 euro mensili più vitto, alloggio e trasporto. Pare che non possano darmi di più perché c’è di mezzo una assicurazione, in caso di infortunio sul lavoro. Mi hanno detto che sono frequenti i casi in cui un animatore, tra corse, salti, equilibrismi, esperimenti, piscine, possa farsi male. Io lo so bene. Ci sono già passata.

Il colloquio è andato bene. Hanno detto che mi fanno sapere presto.

Stasera ho accennato al boss del bar che forse dovrò mollarlo per i mesi in cui sarò via. Mi ha detto che dovrà trovare un’altra persona, che è un peccato che io vada via proprio adesso che c’è più lavoro e avrebbe potuto pagarmi qualcosa in più, che non sa se poi potrà riprendermi al mio ritorno.

Non so che fare anche se ho una disperata voglia di cambiare aria e penso che il lavoro nel villaggio può essere l’unica opportunità che ho per fare qualche ora di vacanza.

L’alternativa sarebbe quella di spendere i soldi che dovrei destinare al pagamento per l’affitto e le bollette, vivendo alla giornata e aggregandomi a qualche gruppo di volenterosi amici e amiche che partono per fare campeggio da qualche parte.

Direi di no. Non me lo posso permettere. Resto in città a lavorare al bar o vado al villaggio.

Non so davvero che fare e ora sono così stanca.

L’unica cosa che mi consola è il fatto di guadagnare quello che mi serve per avere un posto mio dove posso vivere, respirare, scrivere, pensare, cantare, fare l’amore.

Il mio spazio indipendente di esistenza. Non posso perderlo e lo perderei se oggi decidessi di dare un calcio a tutto perché ho tanta voglia di andare in vacanza.

Quello che mi avvilisce è il fatto che immagino ci sia tanta gente che faccia altrettanti sacrifici per poter sopravvivere. Così facevano anche prima di me ma tempo fa almeno avevano la speranza, un giorno, di potersi fermare per godersi la pensione e la vacanza.

Ma io, quelli come me, non potremo fermarci mai.

Immagino me stessa con la pelle raggrinzita e piena di rughe, senza prospettive, con alternative di lavoro nulle, perché diminuiscono via via che  la mia età aumenta, a chiedermi se dovrò scegliere tra una lenta agonia o una dignitosa eutanasia.

Sono sicura che tante persone, come me, quando pensano al futuro strizzano gli occhi, scuotono la testa, e dicono a se stessi che è meglio non pensarci, altrimenti non si ha più neppure la forza per andare avanti. Perché la speranza che tutto possa andare meglio si affievolisce man mano che invecchi e senza speranza né prospettive non c’è nulla che possa muoverti verso il futuro.

Io rivoglio il mio futuro. Ne ho diritto. Rivoglio la possibilità di poter decidere della mia vita.

Non posso stare in eterno a temere di perdere quel posto part time di cameriera/barista, né posso continuare a reinventarmi facendo mille mestieri senza mai acquisire competenze che alla volta successiva vengano tenute in considerazione.

Ho fatto tante cose ed è come se non avessi fatto niente. Ho accumulato tanta conoscenza ma per farmi assumere devo giocare al ribasso, il mio curriculum deve essere svuotato di tutto quello che i datori di lavoro non vogliono leggere. Meglio se hai appena appena un titolo di studio, cancellando pezzi di vita che possono definire un quadro di te pretenzioso.

E pretenzioso, per certi datori di lavoro, significa che tu vorresti un lavoro che equivalga alle tue competenze, che sia pagato in modo decente, che ti garantisca di non dover nascondere titoli ed esperienza.

Invece no. Piace tanto se sei apprendista a vita. Apprendista di che poi non si capisce.

Spero tanto che mi chiamino per dire che posso andare via da qui. Voglio volare via per tre mesi.

Il boss del bar dovrà darmi qualche garanzia in più se vuole che resti. Potrebbe cominciare con un contratto che al momento non ho. Potrebbe cominciare dicendomi che non mi butterà via quando non sarò più corrispondente al target giovane e appetibile del suo personale.

Ma rivoluzionare i meccanismi di assunzione di quei tritacarne che sono i bar, i pub, i locali in genere, è un’utopia.

Tardi. Chiudo questa pagina di diario.

NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. 

1 pensiero su “Precarietà: essere apprendista per tutta la vita!”

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