Arriva l’Ubaldo, ovvero colui che si occupa dell’amministrazione dell’agenzia. Mi ha materialmente assunto, mi ha fatto firmare il contratto, ha fatto tutto in modo regolare.
Qualche giorno fa ho dovuto fare accattonaggio per farmi sganciare la marchetta. Un mese di lavoro e ancora nemmeno un soldo. Mi aveva detto che giusto perchè si tratta di me avrebbe fatto un’eccezione. Mi avrebbe dato qualcosa anche se i soldi del finanziamento non sono ancora arrivati.
Dicevo, un paio d’ore fa arriva il boss. Mi chiama in ufficio. Mi consegna con gentilezza 500 euro.
Mi viene fuori il sorriso imbarazzato. Lui mi stringe la mano, come se io lo avessi ringraziato. Ha scambiato il mio sorriso per un gesto di gratitudine.
“Se hai dei problemi non esitare a dirmelo. Con questi puoi tirare avanti per un po?”
“Si certo… grazie Ubaldo!”
Fa segno con la mano che non è niente. Si sente un eroe. Come se mi avesse salvato dalla fame.
Poi prende il telefono e comincia una nuova conversazione.
Io faccio un cenno con la mano, metto in tasca la banconota da 500 e vado alla mia postazione nomade.
Si, per ora bastano. Soprattutto perché posso sommarli ai soldi che mi pagano al bar per i week end. Altrimenti non ce la farei.
Ma da questo lavoro mi aspettavo di più. Devo pagare l’affitto e tra un po’ arrivano le altre bollette.
E se dopo questo “anticipo” mi faranno aspettare mesi prima di darmi gli altri soldi?
Non lo so. So solo che a parte le spese vive di casa posso razionalizzare ancora di più le uscite.
Dovrebbero eleggere uno di noi precari come ministro dell’economia. Nessuno, credo, più di noi sa come sopravvivere con quasi niente.
Ma proprio per questo ho deciso di vivere da sola, anche se in un piccolissimo appartamento.
Ho vissuto con altre persone, soprattutto quando facevo l’università, e non riuscivo mai a spuntarla a fine mese perché regolarmente c’era un imprevisto.
Coinquiline e coinquilini avevano sempre un modo furbo di superare la faccenda, perciò spariva la spesa, veniva consumato il detersivo comprato il giorno prima, c’era chi teneva i riscaldamenti accesi per dieci ore di seguito perché se ne stava a casa a guardare la televisione, chi lasciava luci accese per ore, chi sgraffignava tutta la carta igienica.
E chi si comportava così in genere era sempre quello o quella che poi teneva la SUA spesa nascosta sotto il letto.
Malafemmina, mi dai un pugno di pasta? Malafemmina, hai un bicchierino di latte? Ma piccolo, eh? Senza esagerare. E Malafemmina era tra tutte quella che non riceveva tanti soldi dalla famiglia perchè la famiglia più di tanto non poteva. Malafemmina era quella che non andava al cinema, a prendere la pizza, in discoteca, a differenza di altre e altri che spendevano tra uscite e roba da bere tutti i soldi del mese in una settimana.
Non sono avara. Non ho mai messo in discussione i principi di condivisione. Io condivido con chi condivide. Se non condividi e mi togli il pane di bocca allora non ho più nulla da dirti.
Ed è una gara terribile tra chi come me vive per stare bene e chi ti butta addosso la sua insoddisfazione perchè ha voglia di consumare e consumare e consumare.
Comunque oggi sono ricca.
E vado a pagare l’affitto.
NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.