Antiautoritarismo, Comunicazione, Critica femminista, Violenza

India: l’antiviolenza che fornisce alibi agli autoritarismi

linciaggi

India: linciaggi contro persone condannate a priori con processi sommari; burqa o “cappotti” per le donne – ovviamente – per il loro bene e così, di integralismo in integralismo, di autoritarismo in autoritarismo, questo è l’effetto di una serie di questioni che non si possono guardare con superficialità.

Succede anche in Italia ché quando si dice perennemente, con toni che spettacolarizzano e mettono in circolo pornomostruosità per pornoindignazione, che le donne non sono sicure alla fine quelle stesse donne saranno rinchiuse, costrette a girare blindate, censurate, violate nella propria privacy, “salvate” anche quando non si dichiarano vittime e non hanno alcun bisogno di essere salvate, strette nella dicotomia vittima/colpevole o santa/puttana ché se non ti dichiari vittima allora sei sicuramente colpevole, perché nessuno mai investe nelle soluzioni preventive e autodeterminate a difesa dalla violenza.

Quel che si vuole è che persista la paura perché la gente che ha paura è controllabile, le donne che hanno paura sono controllabili e si consegnano ai tutori e i tutori che inducono e addomesticano le paure alla fine ci dominano e così finiscono per normare i nostri corpi, la nostra sessualità, la nostra vita.

Una persona ridotta sempre allo status di vittima non è più persona. E’ solo una vittima che vive soltanto per essere salvata e legittimare il ruolo dei propri salvatori. Quando e se diventa donna, persona, autodeterminata, sarà ricacciata indietro, rifiutata, completamente esclusa dal dibattito pubblico che la riguarda. Così reagiscono quelli che manganellano le donne in piazza se le donne vanno a rivendicare i propri diritti e così reagiscono i “tutori” in ogni luogo se decidi di autorappresentarti e il tuo lessico e la tua narrazione non seguono il copione che ti hanno imposto.

Leggi, se vuoi:

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Oggi è il giorno di noi streghe, più comunemente definite Befane, ma che ci chiamino in un modo o nell’altro sappiamo bene che non ci faremo ricoprire dai cappotti in nessun caso e che i linciaggi non ci piacciono e che non ci piacciono i processi sommari e non ci piace che si urli allo stupratore e all’assassino senza aver prima verificato le prove e non ci piace fingerci tutte criminologhe perché non lo siamo e certamente non ci piace la censura e non ci piace che in nostro nome si facciano leggi autoritarie.

Bisogna che siano le donne a decidere il gergo e le soluzioni antiviolenza. Non i tutori e le tutrici ma quelle che si dice portino il mondo tutto intero sulle proprie spalle. Perché non abbiamo bisogno di tutori. Non abbiamo bisogno di legittimare chi poi viola i nostri più elementari diritti. Abbiamo bisogno di strumenti e diritti. Non di spazi rosa, telefoni rosa, colonnine rosa, tanta roba rosa che di rosa, poi, in effetti non ha nulla e che in realtà ha un colore più vicino al nero. Nero come i fascismi che si realizzano sui nostri corpi.

Vedete l’India? Questa è la direzione che prende un qualunque Stato in cui le folle brandiscono l’indignazione contro la violenza in quella maniera, o come si fa anche qui in Italia. Diventano strumenti per la realizzazione di autoritarismi che poi finiscono per censurare anche te, donna, se ti rifiuti di indossare quel “cappotto” difensivo/punitivo.

No ai fascismi realizzati in nome della difesa delle donne.

Buona Befana anche a voi!

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