Il mio compagno ha preparato funghi, riso, torta alle mele, io preparo altre cose e il resto della famiglia impasta e cuoce e prima di sera esploderemo di assaggi e odori e risate e sapori.
Si parla del più e del meno. Gli chiedo perché lui non mi stuprerebbe. Mi dice che io sono una persona. Lui lo sa, lo vede, e io so che anche lui è una persona e lo vedo anch’io.
Il male nasce con la mancanza di rispetto dei desideri e bisogni altrui e con il fatto che se tu non mi vedi come persona allora finisci per usarmi come un oggetto.
Chiunque ha voglia di fare sesso – continua il mio compagno – e donne e uomini hanno preteso di soddisfare i bisogni in maniera differente per questioni culturali. Ai tempi in cui uomini e donne vivevano nelle caverne chissà com’era la sessualità. Di sicuro vinceva chi era fisicamente più forte perché se sei più forte è facile per te imporre il tuo desiderio a discapito di quello altrui. Non ne fa, lui, una questione di chi è meglio e peggio tra i generi, di chi è predatore o preda, ma discute di psicologia degli umani e parla di culture e corpi.
Per fermare l’abuso è stato utile assoggettarsi ad una società patriarcale in cui toccare una donna appartenente ad un padre, un marito, era reato grave. Sicché lui diventava un criminale reo di aver fottuto una proprietà e la donna, in quanto appartenente a marito, padre, stato, diventava (e diventa ancora) una martire (da tutelare, mai autodeterminata). Meglio perciò consegnarsi come merce esclusiva ad uno solo e riprodurre figli per lui di cui lui dovrà assumersi la responsabilità che consegnarsi a tutti quanti gratis e senza prospettive. Anzi questo divenne uno status sociale ed economico. Il non sposarsi presagiva il male. Al massimo potevi farti suora e comunque sposarti a Dio perché sposata bisognava tu lo fossi sempre.
Nel frattempo ella, questa creatura del passato, tentava di sopravvivere e godere per quel che si poteva con conseguenti lettere scarlatte e obblighi, sensi di colpa e responsabilità sociali, perché le donne venivano risparmiate per quell’accordo preciso di subordinazione ad uno, un patriarca. Tolto di mezzo lui, fatto spazio al disonore, lei tornava ad essere alla mercè di chiunque e senza la possibilità di esprimere o realizzare alcun desiderio in termini sessuali.
Lo stesso dicasi per gli uomini che rompevano il patto patriarcale e “non toccare la donna d’altri” si diceva ché la punizione l’avrebbe colpito all’istante. Perché anche per quegli uomini valevano costrizioni, matrimoni combinati, con donne che dispiacevano o anche quando le donne proprio non erano la loro scelta, con unioni di copertura e convenienza e conseguenti disastri familistico/amorali che si trascinano talvolta fino ad oggi.
Nella cultura romana c’era la matrona a parte il patriarca e codeste figure sono state costrittive e restrittive dei diritti di ciascun@, donna o uomo non importa. Ed è veramente lunga da spiegare ma quello che so è che la cultura di addomesticamento delle persone ad interpretare le convenzioni sociali, con la colpa implicita a vivere la sessualità e con chi desideriamo, viene da più sorgenti e non da una sola.
Le società e le culture si fondano sulla manifestazione di bisogni. Per realizzare desideri sulla pelle di qualcun altr@ bisogna che tu non vedi l’altr@ come una persona, un essere umano. E’ un oggetto, disumanizzato, come i nazisti disumanizzavano e demonizzavano nemici per poi darsi una ragione per usarli, derubarli e ucciderli (per gli/le antispecisti/e lo stesso dicasi per gli animali per darsi una ragione per mangiarli). Pensate che ancora oggi per parlare di donne si usano metafore tipo “se vai in un quartiere di ladri con i gioielli in vista poi non puoi lamentarti se ti derubano“. Gioielli=cose. Corpi di donne=cose=oggetti. E non cominciate con la storia moralista della donna che deve coprirsi il culo perché non è l’esposizione del corpo a stabilire un nesso tra questo e lo stupro altrimenti stiamo dicendo esattamente la stessa cosa che dice chi ripete il mantra del “se l’è cercata“. Di corpi da vedere semmai bisognerebbe ce ne fossero di più affinché la società si abitui che quei corpi corrispondono a delle persone che si vestono come pare a loro.
I bisogni sessuali dunque non sono origine di abuso. Altrimenti dovremmo davvero pensare che la sessualità sia il male e che gli uomini siano violenti in sè (e le donne martiri in sé) e non è vero. L’origine è l’idea che il proprio desiderio possa realizzarsi senza considerare e percepire l’altra persona e i suoi desideri.
L’origine di un abuso è quando tu pensi che lei debba farsi piacere qualcosa che non le piace. E’ quando pensi che la sessualità debba essere costruita sulla base delle tue necessità e che lei debba “donarti” o sacrificarsi o regalarsi a te perché la sessualità è vista in senso androcentrico etero-normato e basta così. E’ quando tu mi dici che io devo farlo per “amore” anche se non voglio. E’ quando il bisogno e la cultura che orientano la tua scelta vuole imprimere un obbligo nella mia, di me, persona e non oggetto.
Perciò lo stupro è quando tu vuoi e io proprio no e ti dico no. Perché se continui a colpevolizzare il mio no, ad aggirarlo, a storpiarlo, a farlo diventare perfino difettoso della responsabilità di distruzione della “famiglia” o della espressione dell’eccessivo individualismo delle donne, ché non sono più quelle di una volta (‘sti cazzi!) che aprivano le cosce e restavano immobili attendendo che lui finisse di eiaculare con grande soddisfazione, in ogni caso sempre di abuso stai parlando e della cultura che può giustificare un abuso.
Il suo bisogno non può prevaricare il mio. E il mio io ce l’ho ben presente come ho presente che sono persona e non una cosa e che io faccio sesso se mi piace, con chi mi piace, se ne ho voglia e non per adempiere ad obblighi di alcunché.
Il prevalere in una società di persone che hanno stessi bisogni e che costruiscono culture apposite per giustificare l’espropriazione di scelte autodeterminate ad altre persone realizza la prevalenza, il radicamento, la radicalizzazione di quelle culture.
E la violenza non è un fatto che avviene adesso e non è legato all’emancipazione femminile. Non credo sia così. Trovo sbagliata questa interpretazione. Semmai con l’assunzione di consapevolezza delle donne avviene che la violenza sia percepita in quanto tale quando prima invece non lo era. La libertà femminile, il fatto che io possa oggi esprimere liberamente il mio punto di vista in una relazione e sentirmi dire dal mio compagno che lui no, mai, non mi stuprerebbe perché io sono una persona, perché per lui conta un mio si o un no e perché non farebbe sesso con me se io non lo volessi, mai, in nessun caso, perché gode del mio piacere e non solo del suo, e così è per me, giacché è reciproco, c’entra con un calcolo delle violenze raccontate oggi nella misura in cui se prima si insegnava a percepirle come “cose normali”, e non parlo degli stupri di gruppo (come in India) da sempre paternalisticamente condannati ma dell’ignorare il desiderio di una donna in generale a partire dalla famiglia, oggi viene percepito in modo differente e questa cosa, che lo si voglia o no, è merito di donne che hanno consapevolmente detto basta e che quando dicono basta a volte, soprattutto se quel basta riguarda abusi che avvengono in famiglia, ci rimettono la vita.
E’ stata e in alcuni posti lo è ancora una rivoluzione, una lotta di liberazione di desideri fin lì completamente ignorati o assoggettati o resi funzionali ad altri e altro così come oggi la mia battaglia autodeterminata mi pone a liberarmi di residui ideologici autoritari che non mi piacciono.
La negazione dei bisogni individuali di ciascun@, dove la tua libertà finisce dove comincia la mia, è l’anticamera di qualunque violenza, con una connotazione di genere in relazione agli abusi sessuati e sessuali, con mille altre connotazioni quando avviene per altre ragioni, e quella negazione, come sempre accade, realizza la banalità del male che non è fatta di sensazionalismi, caccia al mostro, allo straniero, al disadattato, all’anormale, ma è fatta di bisogni che si esprimono prevaricando altri bisogni.
E’ fatta di negazione dei desideri dove l’autodeterminazione viene sepolta prima di ogni soggetto e se seppelliamo ogni giorno l’autodeterminazione, la libertà di scelta come obiettivo politico invece che residuale di alcune questioni marginali, non c’è da stupirsi se poi ci troviamo a seppellire tante donne, uomini, bambini, gay, lesbiche, trans, migranti, precari/e, persone, maledizione, si tratta di persone.
Io mi sento lesa, ferita e abusata ogni volta che qualcun@ vuole dettarmi un credo, quando mi impedisce di scegliere di che vita vivere o morire, di che piacere godere, di che idea pensare, di che aria respirare.
L’India, giusto per dire, non è “stupri di gruppo”, da quel che leggo, ma è fatta di bambine che si suicidano a 10 anni perché non vogliono sposare uomini cui sono state promesse in pegno dalle proprie amorevoli famiglie. Il mondo è fatto di queste tante cose, di questi errori madornali in cui i desideri delle persone sono piegati e abusati e in cui si incoraggiano gli egoismi da parte di chi immagina di poter determinare la sua e anche la mia vita e le mie scelte.
Lo dicevo prima e lo ripeto: io sono persona e per fortuna ho la forza di dirlo ché me l’ha data mio padre, mia madre, le persone belle che ho conosciuto e se oggi posso dirlo e mi viene anche restituito, significa che io sto bene così.
Il femminismo, a partire da sè, senza pontificare sulle vite altrui. Perché se tu non mi racconti chi sei e di che vita è fatta la tua vita quel che comunichi non ha forza, non è credibile. Diventa solo generalizzazione e ideologia. Perciò avvisatemi nel caso in cui faccio questo errore anch’io.
Ancora Buon Anno a tutti/e! 🙂